I teloni stesi sulla tribuna dell’U-Power Stadium accostano, in un carosello continuo, l’Arengario, il Duomo e lo stadio. Emblemi di una città, luoghi di passioni sacre e terrene, oggi condensate in novanta minuti di gioia, attesa, rammarico.
Il Monza ha battuto il Pisa 2-1 nell’andata della finale dei playoff di Serie B, grazie ai gol di Dany Mota Carvalho e Christian Gytkjaer, inaugurando una tre giorni che potrebbe fare la storia dei colori biancorossi. Ha risposto Berra sull’ultimo pallone giocabile, tenendo tutto aperto in vista del ritorno di domenica.
Poco prima del match, l’inno di Mameli scandisce gli attimi solenni dell’attesa. “Siam pronti alla morte“: le voci delle due curve si uniscono per l’ultima volta prima di rivangare una rivalità che risale al 2007, anno di un’altra finale playoff, quella volta di Serie C. Festeggiò il Pisa, quel giorno. Oggi, la vince il Monza. Nelle ultime 4 partite giocate, il Pisa aveva battuto il Monza 3 volte. Nel giorno più importante, nel momento più importante, i biancorossi infrangono un tabù.
Maggio è un mese in cui ogni gol, ogni istante, ogni tocco di palla può orientare un destino. Maggio è un mese di finali, e le finali le decidono le giocate, la classe dei grandi calciatori. Appartiene alla categoria Dany Mota Carvalho. Al 9′ minuto guadagna palla, si fa tutta la metà campo e dopo aver smistato a sinistra per Ciurria completa il triangolo. Si indica col dito, alza il sopracciglio: “E ancora vi stupite?“, sembra dire.
Il Monza è aggressivo su ogni pallone, spesso ad accorciare sull’avversario sono almeno in due. È un circolo virtuoso, che si autoalimenta. D’Angelo è una statua di sale: le mani dietro la schiena, il volto pensieroso. Dall’altra panchina, si festeggiano i gol correndo in campo, verso la curva: una prassi ormai consolidata. La foga è tanta che qualcuno scivola, si rialza in fretta, torna a correre. Il 2-0 arriva dalla testa di Christian Gytkjaer. La determinano loro, lo yin e lo yang: il “giocherellone” Mota e il Vichingo Gytkjaer. Dal Portogallo alla Danimarca, un filo (bianco)rosso annodato a Monza.
Durante la partita col Benevento, Adriano Galliani era andato al Duomo a invocare l’intercessione. Non aveva funzionato: a Perugia era andata male, il grande sogno sembrava in frantumi. Oggi Galliani si chiede se le preghiere siano destinate ad avverarsi in ritardo, in altra forma, ma con allegata la stessa dose di orgoglio. C’è una differenza rispetto alla partita col Benevento: oggi la tonalità su cui si chiude la partita è quella del rammarico, per una vittoria che poteva essere più larga, e che è stata ridotta nelle proporzioni dal gol finale di Berra da corner.
“La vita l’è strana“, cantano Cochi e Renato, non è solo “bèla“: una festa in cui ci si è divertiti può anche concludersi nel segno della malinconia. Perché la gioia sia piena, serve aspettare domenica, quando una delle due squadre celebrerà e l’altra farà da spettatrice. L’attesa, nelle due piazze, sarà un tarlo che divora; per riempirla serviranno altre preghiere, in Duomo come in Piazza dei Miracoli. In fondo, è sempre una questione di fede.
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