Il figliol prodigo torna a Monaco. Dopo sette anni da giocatore, Thierry Henry raggiunge nuovamente il Principato per prendere il posto di Leonardo Jardim. Un arrivo, questo, che ha un po’ diviso la piazza: al netto del gran curriculum da calciatore, infatti, Titi arriva in panchina con zero esperienza da allenatore. Il biennio vissuto al fianco di Roberto Martinez nel Belgio, però, lo ha forgiato, rendendolo pronto e carico per l’avventura monegasca.
“Monaco ha un posto speciale nel mio cuore. Qui ho segnato il mio primo gol da professionista – racconta un Henry piuttosto emozionato in conferenza stampa -, ed ho anche avuto la prima opportunità di crescita con Wenger. Non parlo della politica del club, o almeno non adesso. Ciò che conta per me è la sfida di Strasburgo, e so che i ragazzi sono pronti“.
Parole d’elogio anche per il suo predecessore Leonardo Jardim, capace di laurearsi campione di Francia nella stagione 2016/2017 e di riportare il club francese in Champions League: “Jardim resterà per sempre nella storia del Monaco, e io per primo mi sento di doverlo ringraziare per quanto fatto augurandogli buona fortuna“. Poco spazio per la vicenda che lo ha visto avvicinarsi alla panchina del Bordeaux nelle settimane passate, liquidata in fretta con un “No comment“.
Per quanto riguarda l’aspetto squisitamente tecnico, invece, Henry ha le idee chiarissime su cosa bisognerà fare: “Tutto dipenderà dai momenti di una partita, c’è uno studio da fare in base a ogni avversario. Ci saranno, comunque, dei concetti da rispettare. Non sono stressato, anche se ci sarà molto lavoro da fare. Si faticherà, ma ci saranno anche momenti in cui rideremo e ci divertiremo. Importantissimo, però, sarà mettere intensità in quello che facciamo”.
“Modelli di riferimento? Wenger e Guardiola. Quando guardo a Zidane e Deschamps, invece, dico che bisogna cercare di vincere come hanno fatto loro. Ognuno ha le sue idee, certo, ma quella metodologia di lavoro resta un punto di riferimento soprattutto per noi francesi“. Chiosa finale sul suo passato da giocatore, che può essere un fattore da non sottovalutare: “Senza dubbio la cosa può essermi d’aiuto, ma abbiamo anche visto grandi allenatori che non avevano mai giocato ad alti livelli e viceversa. Quando giochi puoi intervenire direttamente, sei più impaziente. Da allenatore, invece, è diverso“.
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