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Milito, Racing sconfitto da Pratto in Libertadores: il Principe saluta il calcio senza l’ultimo sogno

Era tornato per rivivere quelle emozioni di una notte speciale anche con la maglia della sua squadra del cuore. Per spolverare i vecchi ricordi e scriverne di nuovi. E una volta tornato, un piccolo miracolo lo aveva fatto. Riportare il Racing a vincere un campionato dopo tredici anni.

Si dice, in Argentina, che non esiste un’immagine a colori del Racing vincitore senza che appaia nella festa lui, ilPrincipeDiego MilitoQuanti momenti duri passati con la maglia dell’Academia, la retrocessione sfiorata, la crisi economica del club, il trionfo nel Torneo Apertura 2001 mentre l’Argentina veniva soffocata dalla bancarotta e dal cambio di cinque presidenti della Repubblica in una decina di giorni.

Non poteva essere quello l’unico scatto di gioia, una gioia mozzata dall’atroce realtà di un Paese che crollava. Milito lo sapeva, e per questo, dopo essere diventato eroe da un’altra parte, dopo essere entrato nel destino di un’altra squadra che inseguiva un titolo da lunghi anni, che erano diventati decenni e che vennero cancellati in un attimo nella magica notte di Madrid, scelse di tornare a casa. Al suo Racing. Per fare più o meno la stessa cosa: l’eroe.

Il secondo campionato conquistato in mezzo a 48 anni di buio, nel 2014, sembrava la linea di partenza di una storia che in qualche modo doveva compiersi. Se nel 2010 Milito aveva cancellato il tempo per l’Inter con la conquista della Champions, nel 2016 avrebbe dovuto fare lo stesso per il Racing, per il suo Racing, che non vinceva la Libertadores da quell’unico successo del 1967. La prima squadra argentina capace di prendersi il mondo, grazie al successivo trionfo  nella Coppa Intercontinentale, doveva tornare lì: era questa la missione, e per questo Milito, che aveva intenzione di lasciare il calcio nello scorso dicembre, disse a se stesso che la tradizione sarebbe proseguita, che ci sarebbe stato un ultimo scatto a colori del suo sorriso misto alle sue lacrime di felicità con la sognata Copa Libertadores. Un ultimo semestre di sacrifici per il suo fisico fiaccato da lunghe battaglie e da un duro infortunio a un ginocchio che aveva di fatto chiuso la sua carriera europea e nerazzurra.

Chi l’avrebbe mai detto che lui, che è stato anche bandiera del Genoa, non sarebbe stato protagonista nella notte del ritorno degli ottavi di Copa contro l’Atlético Mineiro. Chi l’avrebbe mai detto che avrebbe avuto solo meno di un quarto d’ora per provare a raddrizzare, da subentrato, una partita in cui tutto era precipitato. Chi l’avrebbe mai detto che a mettere ko il Racing sarebbe stato un altro argentino, anche lui ex Genoa, ma con un passato decisamente meno illustre: Lucas Pratto, che in Italia chiamavamo “il cammello” e che in Argentina è per tutti el oso, l’orso. Un gol, un assist, una traversa e un rigore sbagliato per diventare il protagonista assoluto della serata in cui il Racing ha raccolto l’ennesima delusione internazionale. Una sconfitta per 2-1 che racconta molte cose. Che il Racing, adesso, dovrà svegliarsi con l’idea di vedere in futuro un’immagine vincitrice a colori senza il suo Principe. Che Milito, ormai prossimo al ritiro, sarà un ricordo eterno, ma non quello che verrà tramandato per celebrare un trofeo internazionale. Che a volte, per quanto sembri difficile da accettare, il calcio non è una favola perfetta. E capita che un cammello o un orso sconfiggano un Principe, mettendo fine così alla sua carriera gloriosa.

Rosario Triolo
@triolor
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Redazione

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