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Milito: “Icardi vale Higuain, ha solo meno esperienza: si contenderanno la classifica marcatori”

Dici Milito e pensi subito al “triplete”. Lui, l’eroe del Santiago Bernabéu, è tornato a San Siro per vedere il derby d’Italia e non si può certo dire che non abbia portato fortuna alla sua Inter:

“La vittoria è merito di una grande Inter” – precisa subito Milito nelle pagine de La Gazzetta dello Sport – “Icardi? Che partita straordinaria! Che fosse un killer sotto porta lo sapevano tutti, ma contro la Juve è stato un vero uomo squadra. Lo dimostrano le sportellate contro Bonucci e Chiellini, i falli presi per far salire la squadra, la lucidità con cui anche se sembrava che avesse perso l’attimo ha inventato il cross di esterno per Perisic. E ha solo 23 anni! Icardi il nuovo Milito? Certi confronti non mi piacciono. Come me, ha il compito di finalizzare il lavoro di tutta la squadra, ma lui è più animale d’area, io amavo svariare. Al Napoli per 70 milioni? Per fortuna non faccio il dirigente. Ma se vuoi aprire un ciclo non vendi un giocatore così forte e così giovane”.

Parole di stima anche per altri due connazionali, Higuain e Dybala: “Fortissimi. Allegri avrà le sue ragioni, ma sono rimasto molto sorpreso quando ho visto il ‘Pipa’  in panchina. Icardi lo vale, anche se Gonzalo ha più esperienza, avendo giocato a certi livelli con il Real. Per il titolo dei cannonieri vedo una lotta tra loro due”. Scudetto? Adesso si candida anche l’Inter: “Ha l’obbligo di puntare sempre al massimo. Aver battuto i campioni dimostra quanto vale questa squadra. Che mi era piaciuta già a Pescara, mostrando grande carattere. Con la Juve ci hanno aggiunto anche il gioco. In Champions deve tornare, lotterà contro Juve, Napoli e Roma, che restano più rodate. Le altre le vedo dietro”.

Frank de Boer? “Ottima impressione. Con lui mi sarei trovato a meraviglia perché vuole sempre imporre il suo gioco, cercare la porta. Cambiare allenatore in pieno agosto è stata una scelta pericolosa, ma da fuori non posso sapere cosa c’è dietro. Poi capisco lo scetticismo da parte di un Paese legato a un calcio molto tattico. De Boer però ha solo bisogno di tempo. Serve tempo perché si formi un vero gruppo. Anche se non amo fare paragoni perché ogni squadra, allenatore e giocatore hanno le proprie caratteristiche, nel 2010 eravamo di tante razze e lingue diverse. Magari gli argentini si frequentavano di più nel privato, ma abbiamo saputo mettere da parte le nostre diversità per pensare solo come un gruppo”.

Altri due connazionali, Banega e Ansaldi: “Ever è fantastico, è già il leader calcistico di questa squadra, quello che la guida, che fa la differenza. A centrocampo può giocare ovunque, forse meno davanti alla difesa, dove pure aveva iniziato in Argentina. Ansaldi darà un contributo fondamentale sulle fasce”. Nuova dirigenza? Ottima impressione: “Suning fa sul serio e sono certo che l’Inter tornerà tra i migliori club del mondo. Thohir è sempre molto gentile con me. Ne approfitto per smentire che io, Samuel e Cambiasso ci siamo rimasti male quando decise di voltare pagina e non rinnovarci il contratto. Per me almeno era giunta l’ora di tornare a casa. Zanetti? Nessuno ha dato tanto all’Inter come lui. Sarebbe bello se diventasse presidente”.

Per Moratti, come sempre, parole speciali: “Lui rimane l’Inter. Anche domenica non sono riuscito a non chiamarlo presidente. E l’ho invitato alla mia partita d’addio, l’11 novembre a Buenos Aires. Anche se non ho il fisico e la fissazione di Zanetti per la forma, ho preso un preparatore per arrivare al meglio a quel giorno”. Futuro? “Mercoledì vado a vedere Genoa-Napoli, poi vado in Grecia a salutare Cambiasso, che se no non mi parla più… Poi mi vedo più vicino al campo che dietro a una scrivania. Sto facendo un corso per allenatori e mi godo la famiglia. La mia terza figlia, Morena, è nata il 21 maggio, nel giorno in cui ho chiuso con un gol la mia carriera, al Racing”.

In chiusura d’intervista un pensiero va inevitabilmente al “triplete”: “Sapete qual è il gol più bello del Triplete? Quello alla Roma. Vincere la Coppa Italia in casa loro ci ha dato la forza per fare la storia. Lo scudetto vinto a Siena fu soffertissimo. Loro erano retrocessi ma segnai solo nel finale. A quel punto arrivammo a Madrid troppo carichi per perdere. Quando il sorteggio ci diede già negli ottavi il Chelsea, favorito col Barcellona per la vittoria finale, si sentiva il pessimismo dell’ambiente. Quella vittoria è stata la svolta di tutto”.

Redazione

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