Ogni volta che ritorna, non può che essere riproposta. O perlomeno: il pensiero non può che tornare lì, a quell’avversario da sempre bestia nera (in un modo o nell’altro, e in maniera più o meno incisiva) che dal 1973 ha assunto i contorni di ostacolo spesso difficilmente superabile. Questione di storia, soprattutto: più di 40 anni fa, e circa 20 dopo, si parlava di scudetti persi, per il Milan, con Verona come luogo di crollo totale in cui vedere, sportivamente parlando, svanire i propri sogni di gloria. E oggi? La situazione è sì cambiata, almeno in parte: quel gialloblu, versione Hellas, ha continuato a recare qualche problema di troppo in casa rossonera, ripensando solo all’inatteso 3-0 dello scorso dicembre. Ma il concetto di avversario fatale, nel dualismo tra le due squadre, si è per una volta rivelato totalmente capovolto, il cui K.O. odierno a San Siro ha ri-spalancato le porte della Serie B alla squadra di Pecchia.
E’ il concetto della fatalità inversa, pur enfatizzato con situazioni e traguardi differenti: che il Verona fosse ormai a breve destinato a salutare la Serie A, dopo una sola stagione, appariva come destino sostanzialmente scritto, al termine di un’annata a dir poco deludente e con l’unico, vero picco di felicità vissuto proprio nella gara di andata contro il Milan, andando oltre ad un rapporto mai nato tra tifoseria e Pecchia. Ma per i rossoneri, pur con un netto divario qualitativo a favore, l’Hellas si è ultimamente rivelato scomodo anche in casa, almeno negli ultimi confronti: due pareggi consecutivi spazzati oggi da un 4-1 netto e senza discussioni, capace di mettere fine ad un digiuno di successi (almeno in campionato) durato 5 gare. Momento giusto per godere (anche) di una rarità come il quinto gol in carriera in Serie A di Ignazio Abate, terzo con la maglia del Milan (sentenza per le retrocessioni delle vittime Bologna, Frosinone e Verona stesso) e primo in assoluto, con la maglia di un club, in casa e a San Siro: ciliegina sulla torta di un pomeriggio sin troppo agevole, per Gattuso e i suoi, pronti a contare su due talismani ritrovati e dall’effetto ancora positivo.
Numeri e statistiche, senza esser presi troppo sul serio: perchè con la presenza del presidente Li Yonghong in tribuna, da una parte, e Patrick Cutrone in gol dall’altra, il Milan non ha sinora conosciuto sconfitta. Quarta gara vista a San Siro e dal vivo, per il numero uno rossonero, e terzo successo ottenuto dopo Cagliari e Inter (in Coppa Italia), oltre al pari derby post closing della scorsa stagione terminato 2-2: ottavo centro in campionato per il miglior marcatore stagionale milanista (arrivato a quota 16) e dodicesima gara da “portafortuna” per i suoi, dal preliminare di Europa League contro il Craiova ad oggi, in un feeling con la porta ritrovato dopo 7 match. Miglior arma anche contro l’Hellas di cui avrebbe potuto vestire la maglia, in prestito a inizio stagione, e per cui ora è risultato fatale, insieme ad un Calhanoglu sempre più incisivo e che, quando vede gialloblu (tra Chievo e Verona stesso) si rivela particolarmente prolifico. Storia di una fatalità inversa, insomma, almeno per stasera: senza scudetti, come nel ’73 o nel ’90, ma con una retrocessione aritmeticamente inflitta. E con una piccola vendetta servita, marchiata di rossonero.
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