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Milan, Rodriguez: “Volevo l’Italia, adesso sono felice: era il mio sogno”

Ricardo Rodriguez, la fascia sinistra del Milan ha un nuovo padrone. La serie A e i rossoneri, una nuova avventura dopo gli anni in Bundesliga con il Wolfsburg, dove si è dimostrato uno dei terzini mancini più forti in Europa. Rodriguez racconta la sua storia attraverso le pagine de La Gazzetta dello Sport:

“Questo tatuaggio? E’ In italiano…” – attacca lo svizzero – “Quando da piccolo stavo male, in ospedale mi hanno portato un’immagine, una foto con la Madonna e questa scritta. È rimasta sempre con me e a 18 anni me la sono fatta tatuare. Ora sto bene, devo fare dei massaggi regolarmente ma nessun problema. Sono in forma”. Prima impressione sui rossoneri: “Ottima. È una squadra molto buona, io so che posso migliorare nella tattica e in mille altre cose. Imparare mi piace. Credo che starò a sinistra, mi hanno cercato per questo e il mio calcio è lì. Il Milan però sa che per sei mesi ho fatto il centrale, se serve sono pronto. Montella ci schiera sempre a quattro”.

Rodriguez si discrive: “La mia miglior qualità? La tranquillità nella gestione della palla. L’avversario più forte affrontato forse Robben. Con lui è sempre una partita nuova, è molto rapido, tu sai che farà quella finta ma devi concentrarti sempre, altrimenti ti va via. Però anche Messi, Di Maria, Coman, Douglas Costa…”. Sulla scelta di venire in serie A: “Volevo l’Italia, ora sono felice. Era il mio sogno. Qui c’è amore per il calcio e io amo il calcio. Il Milan? Due o ­tre club mi hanno cercato ma quando è arrivato il Milan non ho avuto dubbi. Sento che i tifosi qui amano il club, l’ho capito subito, appena sono arrivato. Mi dicono “vai Ricky che vinciamo quest’anno” oppure mi scrivono su Instagram, su Facebook: “Andiamo a vincere tutto” “.

Poi Rodriguez, prima di chiudere l’intervista, regala un’ultima curiosità: “A papà piaceva molto il calcio, lui e mia mamma aiutavano sempre me e i miei due fratelli, che oggi giocano in Svizzera. Il problema è che ci allenavamo tutti in posti diversi. Uno veniva accompagnato da lui, uno da lei e alla fine della giornata ci trovavamo tutti insieme. Anche i miei nonni davano una mano perché la famiglia ci ha aiutato molto. Tutti i miei tatuaggi, anche quelli sul braccio e sul collo, sono dedicati a loro”.

Redazione

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