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Hummels: “Se Jurić fosse rimasto alla Roma, me ne sarei andato”

Hummels, difensore Roma (PHOTO CREDITS: Domenico Bari)

Le dichiarazioni di Mats Hummels sul suo periodo alla Roma

L’emittente nazionale tedesca ZDF ha realizzato un documentario sugli ultimi anni di carriera di Mats Hummels, intitolato: “Hummels – La finale. Con Tommi Schmitt“, noto sceneggiatore e attore tedesco.

Il difensore ex Borussia Dortmund e Bayern Monaco, alla Roma da inizio settembre 2024, ha parlato di diversi temi.

Sul rapporrto con Ivan Jurić, allenatore dei giallorossi per 12 partite: “Se non fosse stato esonerato dopo la partita contro il Bologna, probabilmente la settimana successiva me ne sarei andato. Preferisco giocare male piuttosto che non giocare proprio. Mi era chiaro che se non fosse arrivato un cambio in panchina, sarei dovuto andare via, perché sennò prima o poi sarei esploso“.

Ha proseguito: “Cerco di gestirla in modo professionale, non dico nulla pubblicamente. Credo di non averlo mai fatto, nemmeno nei momenti in cui non giocavo. Ma dentro, chiaramente, ribolle tutto“.

Mats Hummels, Roma (Imago)

Il suo ricordo della gara contro l’Athletic Bilbao

Hummels ha parlato anche del cartellino ricevuto all’11’ di Athletic Bilbao-Roma, gara valida per il ritorno degli ottavi di Europa League: “È stato davvero doloroso. Non tanto per l’eliminazione in sé, quanto per aver tolto a me stesso, alla squadra e ai tifosi la possibilità di lottare per un altro titolo internazionale. E brucia. Il pensiero che potesse essere la mia ultima partita europea mi ha accompagnato per tutta la giornata. Anche prima del calcio d’inizio sentivo qualcosa che non andava. E in campo, in quei dieci minuti, credo di non essermi mai sentito così male nella mia vita. Le gambe erano pesanti e la mente annebbiata“.

Ha concluso: “Ricordo perfettamente quel momento: ricevo palla e il primo istinto è lanciarla lontana. Ma subito mi dico: “No, non ho la sensibilità giusta ora per farlo”. Allora penso di giocarla facile, così da mantenere il possesso. Guardo a destra e vedo Mancini, ma anche l’attaccante dell’Athletic. E nella mia testa penso: “Troppo rischioso, lascia stare”. Ma il pallone era già partito. Come non lo so neanche io. Quello che mi pesa di più è non essere riuscito a cambiare mentalmente schema, a uscire da quel loop di pensieri che mi tormentava: “Forse oggi è davvero l’ultima”. Avrei preferito perdere un duello in velocità contro un ventiduenne che va ai 36 all’ora, ma non così. Non in quel modo.”