Adam Masina si è raccontato a 360° in una lunga intervista concessa a Il Fatto Quotidiano in cui ha parlato della sua grande passione oltre al calcio: la filosofia, nata ai tempi della scuola. “Dovevo valutare, nella tesi della maturità, se fosse condivisibile l’idea del corpo come pura materia, come disvalore e non corredo insostituibile dell’anima – ha spiegato -. Ho studiato (appassionandomi parecchio) le differenze tra le visioni esistenzialistiche di Schopenhauer e quelle di Platone“.
Calcio e filosodia hanno molte cose in comune secondo Masina. “Giocare sempre, fare ogni sforzo per convincere il mister a schierarmi in campo ogni domenica. Questo è ciò che faccio. I miei piedi mi conducono avanti o indietro nella gerarchia che ogni squadra produce – ha rivelato -. Perché esistono le obiezioni, le diverse valutazioni, le critiche, le proposte di sostituzione in campo. E tu devi fare resistenza allenandoti il doppio per persuadere, convincere e possibilmente vincere”.
Su questo dualismo, il difensore del Torino ha poi continuato: “L’idea che chi gioca al pallone sia un bamboccione inerte, un tronco di legno con un vocabolario modesto e rozzi progetti di vita è un’idea primitiva di chi popola questo mondo. A Udine spesso mi ritrovavo con alcuni compagni di squadra, in particolare Daniele Padelli e Marco Silvestri, con i quali si affrontavano tematiche impegnative come lo stato dell’economia, i problemi dello spread, il valore dell’integrazione”.
Passando poi alla vita privata, l’ex Udinese si è raccontato: “Non ho mai conosciuto mia madre, mio padre è stato vittima dell’alcolismo e poi, purtroppo, protagonista di atti violenti. Ho conosciuto in Italia le case famiglia, vari affidi e il disagio di chi trova la sua giovinezza annerita dal dolore e poi finalmente la luce: un padre e una madre con i quali ho iniziato il cammino fortunato. A Galliera, dove ho conosciuto mia moglie e dove le mie radici si sono fatte robuste”.
In conclusione, Masina ha parlato della sua doppia nazionalità (Italia-Marocco): “Voglio far parte della nazionale marocchina fin quando mi sarà concesso. Ho vissuto anche in Inghilterra, quattro anni al Watford. È un’esperienza che consiglio a tutti: lì ho imparato l’inglese, lo spagnolo, altre tecniche di allenamento, altri modi di stare in campo”.
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