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Dal Filadelfia alla Puskas Arena, il viaggio di Rossi eroe d’Ungheria

Quella di Marco Rossi è una storia di sudore, di passione e di perseveranza. Una storia con un retrogusto un po’ magiaro e un po’ italiano. Dalla Primavera del Torino sotto l’ala protettiva di un maestro come Sergio Vatta alle lacrime da ct dell’Ungheria in conferenza stampa dopo il pari contro la Francia a Euro2020. In mezzo c’è il vero Marco Rossi. Prima giocatore e poi allenatore, che spesso ha dovuto prendere in mano una valigia e partire, lasciando la sua Druento e la sua Italia.

“Fossi rimasto in Italia ora farei il commercialista”

 

 

In Italia nessuno ha mai creduto fortemente in lui da quando siede in panchina. Così la decisione di lasciare tutto nel 2012 e andare in Ungheria, all’Honved. Mai avrebbe pensato quello che gli sarebbe successo. “Se fossi rimasto in Italia oggi sarei a lavorare nello studio di commercialista di mio fratello” diceva Rossi, ora invece è il nono allenatore migliore delle Nazionali per l’IFFHS. Un traguardo raggiunto in terra magiara.

Un combattente temprato

 

 

Qui ha vinto il suo primo e unico titolo nazionale da allenatore. Era il 2017 e dopo aver portato un Honved composto da tanti giovani a vincere il campionato, gli è stato dato il ben servito. Il destino era stato ancora una volta beffardo, ma in Ungheria la stima per lui era altissima. Così è diventato ct nel 2018 e ha conquistato Euro2020.

Basta per convincere tutti gli ungheresi? No. Per Rossi ogni singolo riconoscimento va sudato più del dovuto. “Kleinheisler è stato il migliore ma sorrido perché tutte le volte che lo convoco e lo faccio giocare, un sacco di gente mi critica. Se fossimo consapevoli di dove siamo e chi siamo, queste critiche non ci sarebbero, però qualcuno non lo sa e continua a rompere le scatole” spiega dopo il pari storico contro la Francia.

Come a un Luna Park

Un risultato che arriva al primo Europeo della sua vita: “Io un palcoscenico così l’ho visto solo in tv, a 56 anni mi pare di essere un bambino al Luna Park. Poi è chiaro, come i bambini vuoi giocare quando sei al Luna Park. Io non sono così stupido e arrogante da dire ‘andiamo a vincere a Monaco” ha detto Rossi in conferenza stampa. Poi una pausa. E lui sfrutta il momento della traduzione per prendere un fazzoletto e asciugarsi le lacrime che iniziano a sgorgare dai suoi occhi.

“Chi come me non ha talento deve lottare”

 

 

La commozione è tanta e come non potrebbe esserlo. Rossi una giornata così non se la sarebbe mai aspettata. In una Puskas Arena gremita, la sua squadra è uscita a testa alta contro la favorita per Euro2020 e campione del Mondo in carica. I francesi hanno patito il caldo, gli ungheresi no: “Succede perché noi siamo abituati a soffrire e lottare. È la storia del mondo, chi ha talento arriva in vetta con poco sforzo perché Dio lo ha benedetto, chi ne ha meno come me e qualcuno dei miei deve lottare con unghie e denti per un posto al sole”.

Ora la partita di Monaco per continuare a sognare. L’Ungheria di Rossi ha addirittura la possibilità di passare un girone che sembrava uno scherzo del destino. Germania, Portogallo e Francia insieme. Neanche nel peggiore degli incubi. Eppure Rossi e i suoi ragazzi sono lì a giocarsela, ma senza voli pindarici. I piedi del ct sono piantati a terra e i suoi ragionamenti trasudano razionalità e realismo.

Nessuno in vita sua gli ha mai regalato niente. “Ragazzi, dovete lottare per realizzare i vostri sogni, non quelli dei vostri genitori o dei vostri procuratori” gli ha insegnato Vatta, lui Rossi se l’è stampato in testa e lo sta mettendo in pratica. Dalla prima volta al Filadelfia a oggi, in una Puskas Arena in festa, perché Davide ha frenato Golia.

Roberto Ugliono

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