Interviste e Storie

Marchese: “Vi racconto la Mental Coaching Football School. Dele Alli? Può tornare grande”

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Dal prossimo 16 gennaio la scuola avvierà un programma di lezioni dalla durata di sei mesi. Il tutto terminerà con un workshop al Country Club di Monte Carlo

Avete presente quella sensazione di impotenza, che non vi permette di rendere al massimo? Ecco. Tale contesto riproponetelo nel calcio.

Uno sport dove gli atleti sono quotidianamente circondarti da pressioni di ogni tipo: psicologiche e non solo. “Il livello si è alzato parecchio, questo indubbiamente.

Ma con la mia scuola vogliamo formare dei ragazzi pronti a superare ogni difficoltà”: a parlare è Marco Marchese, uno dei pionieri del mental coaching in Italia e fondatore insieme all’avvocato sportivo Jean-Christophe Cataliotti della Mental Coaching Football School (QUI LE INFORMAZIONI). Ansia.

L’obbligo di dover eccellere. “Oggi la costanza è fondamentale. Attraverso il mio percorso andremo ad analizzare questo contesto, per consegnare gli strumenti giusti ai ragazzi”. A tale proposito è intervenuto anche Filippo Terracciano, difensore del Milan che ha sottolineato l’importanza dell’avere accanto un Mental Coach. “L’aspetto tattico e fisico è importante, ma quello che fa la differenza è l’aspetto mentale. Saper gestire il tuo stato d’animo quando arrivi a un livello calcistico molto alto”.

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“Ecco quali sono gli strumenti giusti”

Non è mai facile. Soprattutto per chi vuole e deve rialzarsi. Con Marchese – prima di menzionare gli effettivi strumenti che possono tornare utili al singolo atleta – andremo a citare Dele Alli. Un calciatore che vuole tornare grande dopo diversi momenti difficili. “Se dovesse avere la possibilità di ripartire di certo non avrà problemi. Il talento? Ce l’ha già, non deve ritrovarlo. Io parlo spesso – dice Marchese – della triade ‘pensiero – azione – risultato'”. Ovvero? “Noi pensiamo, comunichiamo. E in maniera inconscia compiano un’azione. La stessa che andrà a produrre un risultato. Ed è proprio qui che il calciatore deve lavorare con attenzione. Deve chiedersi ‘perché lo sto facendo? Per chi mi sto impegnando?’

Senza mai mettere il ‘non’, come ‘non mollare mai’. Perché mettere una negazione davanti a una frase stimolante non porterà risultati. Noi dobbiamo lavorare sul nostro focus (‘ho paura di ricevere un passaggio? Se sì, perché?), sulla fisiologia (la mia postura) e il linguaggio. Se io so mettere in fila questi tre elementi posso arrivare pronto all’azione di gioco”. Questo e tanto altro verrà analizzato attraverso la Mental Coaching Football School, con delle lezioni che inizieranno il prossimo 16 gennaio (SCOPRI IL PROGRAMMA) e avranno una durata di sei mesi. Il tutto terminerà con un workshop al Country Club di Monte Carlo. “Anche l’ambiente ha un ruolo determinante. Ma tutti questi argomenti li tratto quotidianamente con i miei ragazzi, con i quali lavoro anche sul campo”. Cioè: “Noi andiamo a fare anche pratica. Per velocizzare il gioco di ognuno. Per migliorare la propria capacità di ragionamento. Perché la teoria non può essere sufficiente”.

Davide Balestra

Nato nel 2000 a San Benedetto del Tronto. Di sangue metà pugliese e metà marchigiano ma con inflessione dialettale praticamente neutra. Figlio della Generazione Z, la stessa che ha partorito calciatori del calibro di Haaland, Vinícius Júnior o Tonali. Al tentativo di replicare le loro giocate sul campo di calcetto ho preferito il portatile o il microfono, quest’ultimo, da un po’ fedele compagno di viaggio. Poca retorica: le emozioni che trasmette un campo di calcio non sono quantificabili. E a me piace raccontarle, che sia attraverso una tastiera o una telecamera puntata in volto. Ansie, timori e paure fanno parte del percorso. Cerco di superarle con umiltà, virtù che, con il tempo, sto rendendo un mio mantra.

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Davide Balestra
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