Quando gli scrivi su whatsapp, resti rapito da quella foto profilo seppiata. “Eh, l’avevo capito subito che quella sera avevo incontrato un fenomeno. Finita la partita, gli chiesi una foto perché avevo la sensazione che avrebbe fatto strada. Ora è qui e in una cornice a casa”. Ottorino Piotti, classe 1954, 200 partite esatte in serie A tra il ’78 e il ’91. Ne ha visti passare tanti, ma quell’8 settembre del 1981 ebbe una folgorazione. “Ero il portiere del Milan e giocavamo un’amichevole a San Siro contro il Boca Juniors. Ci avevano detto che c’era un giovane molto bravo: Diego Armando Maradona. Quando lo vidi sul campo, mi resi conto che non erano parole al vento. Ma davvero mi fece gol? Questo l’avevo rimosso…”.
Rimozione selettiva, forse. Non era una partita ufficiale ma quel martedì, davanti a 30mila persone, Maradona segnò il suo primo gol in Italia. Una punizione dal limite, con deviazione di Benedetti: “Ecco, questo non lo ricordavo. Però ti posso dire che dopo la foto, fu gentilissimo. Ci scambiammo persino la maglia”. Un cimelio storico, la prima maglia indossata da Diego in Italia, quella del primo gol. Ovvio chiedere una foto, sorprendente ricevere questa risposta: “Non me ne parlare, ci penso sempre. Bisogna chiederla al mio amico ‘Lupo’. Gliela prestai dopo una cena tra amici a Saronno. Insisteva, insisteva e sai com’è. Eravamo un po’ allegri e decisi di prestargliela. Non l’ho più rivista, piuttosto si toglierebbe qualsiasi altra cosa. Sono stato un po’ come Maradona: tradito da troppa generosità…”. Ottorino sorride ma sotto sotto si percepisce un po’ di amarezza. Non troppa, perché sa di aver fatto felice un amico e per gente come Piotti questo è anche più importante di una maglia del Boca: “Sì, ma continuerò a chiedergliela indietro, eh”.
Oggi Piotti va a caccia di talenti. Scout e procuratore. Anche se non fa più parte della sua scuderia, è stato lui a scoprire Turati, portierino del Sassuolo del 2001 che si mise in luce contro la Juventus all’esordio. Giornate su campi periferici, ripensando in questi giorni alle sfide con Maradona negli anni ’80, tutte con la maglia dell’Atalanta addosso: “Pensavo che mi avesse fatto solo gol su rigore e invece me ne segnò uno di testa a Bergamo. Vedi, certe cose me le dimentico. Però mi ricordo bene le randellate che gli dava Osti (oggi ds della Sampdoria). Diego non diceva una parola e ti stupiva ogni volta con una giocata diversa”.
Il pensiero corre a una partita al San Paolo, prossimo stadio Maradona: “Arrivò al limite dell’area, fece segno di inserirsi a un compagno e mentre faceva quel gesto, nascose il pallone, calciando di punta. Menomale che prese il palo. Io non l’avevo quasi vista partire da tanto che fu rapido. Pazzesco”. Alla fine il suo bilancio contro Maradona è – contando anche l’amichevole – una vittoria, tre pareggi e sei sconfitte.
Dieci partite, tre gol presi, di cui uno su rigore: “Quelli poi era impossibile prenderglieli. Provavi a non muoverti fino all’ultimo ma ti guardava fino all’ultimissimo secondo. Facevi mezzo passo e la metteva dall’altra parte. Era un giocatore unico e lo sentivi nell’aria quando entravi al San Paolo. Ricordo che il mio ex allenatore Sonetti preparava la gabbia su di lui, ma era una battaglia persa. Quando era in giornata, potevi anche mettergliene quattro addosso”.
Per uno scherzo del destino, hanno giocato entrambi l’ultima partita in serie A lo stesso giorno. Era il 24 marzo del 1991: Ottorino perdeva col Genoa a Torino e Diego perdeva a Genova contro la Samp. Piotti poi si ritirò, mentre Maradona scappò in Argentina dopo la prima squalifica per doping. Una traiettoria iniziata a San Siro e chiusa casualmente insieme. Dieci anni, dieci partite, una foto seppiata e una maglia che l’amico ‘Lupo’ non restituirà mai: “Dopo lo chiamo però…”.
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