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Mandorlini e la voglia di tornare: “Sono nato per stare in campo, osservare il calcio è un’agonia”

475 giorni senza una panchina. Il tempo deve passare lentissimo quando non puoi fare quello che ami. Lo sa benissimo Andrea Mandorlini, ex allenatore tra le altre di Hellas Verona e Padova, fermo da luglio 2021. Sulla sua foto Whatsapp c’è un cane, Mistral: chissà quante volte l’avrà portato a spasso per le vie di Ravenna pensando alla sua carriera. Quando lo telefoniamo per l’intervista aveva appena finito di parlare con il suocero e con lui c’era il nipotino Andrea.  

“Padova? Sceso di categoria per mettermi in gioco”

La famiglia lo svaga ma il calcio è un’altra cosa, lo si sente dalla voce, che un misto di carica e nostalgia: Da 1 a 10 quanto mi manca? 11. Sono sceso di categoria con il Padova per rimettermi in gioco, è andata male nonostante un campionato e una finale playoff dominata. Poi il rigore sbagliato all’ultimo…”. Già perché con il club veneto era tornato in Serie C come allenatore dopo quasi vent’anni: “Ho sempre pensato, anche da quando ho cominciato a giocare a calcio, che la mia strada fosse piena di curve. Se fosse un po’ più dritta non sarebbe neanche male”.  

Eppure, i risultati parlano per lui: nel 2021 arriva primo a pari punti con il Perugia, nel 2018 salva la Cremonese in Serie B e la storia con l’Hellas Verona… Beh quella la sanno un po’ tutti. Dalla C alla A in tre stagioni. Nemmeno Ivan Juric e Igor Tudor in tempi più recenti sono riusciti a superare il record di 54 punti in campionato: “Penso che i numeri parlino per me, con il ds Sogliano in Serie A abbiamo fatto 100 punti in due anni a Verona, la nostra unione è basato su un rapporto solido e sui risultati” 

“Verona? Se mi chiamano torno a piedi in ciabattte”

 

Ora vado a vedere le partite e gli allenamenti del Sassuolo. Ma è più un’agonia per me. Il campo mi manca. Ho fatto anche il commentatore però io credo di essere nato per il campo. Dopo Padova ho avuto qualche offerta dalla Turchia e dalla Serie B ma non se ne è fatto nulla”. Forse la strada è piena di curve perché ha preso la panoramica. E dopo tanto tempo passato ad aggiornarsi e a ricaricare le pile non ha dubbi: “Se mi chiamasse domani il Verona? Parto domani a piedi in ciabatte”. I direttori sportivi sono avvisati.

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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Andrea Molinari

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