Il murales della Johannes da una parte, il signor Mimmo sulle tribune dal lato opposto. In mezzo, un campo da calcio in terra battuta. A pochi passi dal Parco di Monte Claro, a Cagliari, la polisportiva Johannes alleva talenti dal 1967. E proprio il signor Mimmo, informatore scientifico, per alcuni anni della sua vita ha trascorso più tempo al campo che tra le mura di casa.
“Eravamo tre fratelli, tutti e tre giocavamo a pallone. E papà, ex calciatore di Eccellenza, sperava che un giorno ci avrebbe visto in tv: non si perdeva un allenamento”. Detto, fatto: da Mimmo Mancosu a Matteo, Marco e Marcello. MM alla terza, un figlio ogni quattro anni: classe 1984 il primo, del ‘92 l’ultimogenito Marcello. Il sogno di papà, alla fine, l’hanno coronato tutti quanti.
Marco è il capitano del Lecce in Serie A, Matteo ha trascinato l’Entella in vetta alla classifica di Serie B. Marcello, in passato in C con Gubbio e Catanzaro, si è concentrato su altro dopo due anni trascorsi in Serie D: “Una volta finito tra i dilettanti, la priorità era tornare a giocare vicino casa – spiega Mancosu jr ai nostri microfoni -. A gennaio ho sposato il progetto del San Marco Assemini, squadra di Cagliari che giocava in Promozione, e subito siamo stati promossi in Eccellenza. Nel frattempo, ho lavorato come commesso e barista”.
Cresciuti tutti e tre nel settore giovanile della Johannes, i “Mancosu brothers” non si sono mai accontentati dell’allenamento pomeridiano: “Tornati a casa, la sfida riprendeva nei corridoi. Io e Matteo in squadra contro Marco, che già sembrava il più talentuoso dei tre. Matteo? Nel calcio che conta è arrivato prima lui, è stato bravo ad affermarsi sfruttando la forza fisica. Marco, però, era un passo avanti…”. Loro tre con il pallone tra i piedi, la signora Paoletta a raccogliere i frammenti. A volte di un vaso, a volte di un vetro. O di una finestra: “Per festeggiare la vittoria dei Mondiali, Marco ne frantumó una prendendola a pugni. Mai vista mamma così arrabbiata…”. Passione vera.
Nel posticipo di lunedì contro il Torino, Marco ha segnato il gol vittoria per i giallorossi, regalando a Liverani il primo risultato positivo del campionato. Matteo, rientrato dall’MLS lo scorso gennaio e leader dell’Entella nel salto dalla C alla B, è già a quota due reti in tre partite. 1-0 contro il Livorno, 1-0 contro il Frosinone: decisivo.
“Quando andavamo a scuola, Matteo era il più bravo di tutti. Mentre papà ci spingeva a credere nel calcio, mamma sperava che almeno uno dei tre si laureasse. Niente da fare, ma non credo che si possa dire insoddisfatta…”, scherza Marcello. Tutti e tre protagonisti nelle rispettive promozioni dello scorso anno, adesso i Mancosu dovranno dimostrarsi all’altezza delle nuove categorie: “Marco e Matteo sono partiti alla grande, ma il primo ha dalla sua una mentalità da grande professionista. Diciamo che, guardando a mamma e papà, è quello che ha preso di più da loro”.
Da bambini, a casa, si tifava Milan. “Marco sognava guardando Kakà, Matteo già studiava i movimenti di Inzaghi. Io sono più giovane e non ho fatto in tempo a godermi lo squadrone di Ancelotti. Preferivo CR7, però anche Shevchenko mi lasciava a bocca aperta”.
E in futuro? Chissà che Matteo, Marco e Marcello non possano tornare a stare sempre insieme. Dai corridoi di casa a una “vita da grandi”, ogni tanto si discute su cosa fare a fine carriera. “Quando siamo tutti e tre insieme, spesso finiamo a parlare di quello. Un’attività imprenditoriale, una scuola calcio: sia dentro che fuori dal mondo del pallone, ognuno ha la sua idea. Il problema è proprio questo, non ci troviamo mai d’accordo e, fino a quando non arriverà il momento di metterci sotto una volta per tutte, difficilmente troveremo un punto d’incontro”.
Per la felicità del signor Mimmo, 3/3 in casa Mancosu sono diventati calciatori professionisti. Vuoi vedere che almeno uno di loro… “È presto per pensarci, ma con la testa che si ritrova Marco potrebbe fare l’allenatore. A quel punto, se gli servisse una mano all’interno dello staff tecnico…”. Marcello risponderebbe presente. E sarebbe l’occasione giusta, dopo tanti anni, per ritrovarsi in campo con i suoi fratelli: “Quando siamo in vacanza, non vogliono mai giocare a calcetto. Com’è giusto che sia, Marco e Matteo hanno paura di farsi male. Per togliermi questo sfizio, mi toccherà aspettare che appendano gli scarpini al chiodo…”.
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