Romano e romanista i due tratti che contraddistinguono Lorenzo Pellegrini e il suo ritorno con la maglia giallorossa. Ma anche quelli che lo avevano bloccato fino a ora, almeno così aveva analizzato Di Francesco alla vigilia della partita contro la Spal: “Lorenzo è un classe ’96 e i giovani vanno supportati, non messi alla gogna. Deve vivere con più serenità questa nuova avventura”.
Detto e fatto. Un peso scaricato al minuto 53 insieme al pallone che ha gonfiato la rete, per il terzo gol che ha chiuso la partita contro la Spal. Un gol alla Pellegrini, con il marchio di fabbrica della casa, il colpo di testa, come da vero attaccante. Lui che lo è stato, ma solo nei suoi primi anni di carriera. Merito o colpa della sua altezza, che da piccolo lo ha reso immarcabile, ma poi ne ha allentato i movimenti.
Merito soprattutto di Vincenzo Montella che da allenatore dei giovanissimi della Roma ha avuto l’intuizione di spostarlo più indietro, per vederlo protagonista a centrocampo. Figlio del settore giovanile giallorosso dunque, ma sbocciato a Sassuolo, proprio con Di Francesco, che lo ha preso sotto la sua ala protettiva e lo ha portato fino in Nazionale. Poi se lo è trascinato anche Roma, nonostante un centrocampo dai ruoli già definiti. Tra De Rossi, Strootman e Nainggolan per DiFra c’era spazio anche per Pellegrini.
Un centrocampista difficile da capire: poco esplosivo negli scatti e leggero nei contrasti. Eppure Di Francesco lo ha reso una pedina indispensabile a Sassuolo, dove ha realizzato 11 gol in due stagioni, e il centrocampista che mancava alla Roma per completare il reparto. A quelli che gli dicevano che sarebbe rimasto in panchina, Pellegrini rispondeva: “Sono venuto a Roma per giocare”. Tredici presenze quest’anno, sempre tra i titolari in Champions League. Nonostante la giovane età. Per Di Francesco non è mai stata una questione di numeri, ma di requisiti. Dopo Totti, De Rossi e Florenzi, ecco Pellegrini. Romano e romanista, ora non è più un peso.
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