Toccare il cielo con un dito. Poi ritornare, ma solo in parte, sulla terra. I tifosi del Torino però possono esultare: un punto all’Allianz Stadium non è cosa facile da conquistare. E con una Juventus che in casa non ha mai perso, il pareggio ha un valore doppio. Però ci aveva creduto. E tanto: solo il solito Ronaldo a 6’ dalla fine ha portato sull'1-1, superando di nuovo Messi e dimostrandosi il campione che è sempre stato. Cr7 ci ha provato per tutta la partita, per pareggiare a un gol di Lukic che per la prima volta da quando è a Torino esulta per un gol. E che gol.
La parabola del giocatore serbo in Italia è bellissima. Arriva come un ragazzino, è diventato uomo. Tre anni fa, nel 2016, il Torino lo prese dal Partizan. Aveva appena compiuto vent’anni, non parlava una parola di italiano e chiese a Ljajic di aiutarlo a crescere. Visse il primo anno con Mihajlovic, che non gli ha mai parlato una volta in serbo, giocando pochissimo (in termini di minuti: è sceso in campo 14 volte). Poi, una cessione in prestito al Levante: cominciò con poco spazio, finì con gli spagnoli che chiedevano, senza riuscirci, il riscatto. Quindi, il ritiro a luglio con Mazzarri, che lo ha voluto valutare.
Permanenza non certa fino a metà luglio, poi la decisione: “Puntiamo anche su di te”. Lui si è tirato su le maniche, ha ingoiato tante panchine, ma quando a poco a poco è entrato in campo, Mazzarri quasi non l’ha più tolto. E si arriva all’Allianz: notte magica, con il gol a Szczesny. Cercato, voluto, conquistato. Strappa la palla a Pjanic (troppo morbido), alza la testa, due passi e calcia a giro battendo l’avversario. Le gambe non gli sono tremate nemmeno un minuto. E questo, Mazzarri, che ha deciso di confermarlo e di non schierare Baselli (di recente in grandissima forma), lo sapeva bene.
A Torino Lukic si è ambientato benissimo. Ama girare per il centro, ama il parco del Valentino, dove spesso si rifugia per fare due passi. È un calciatore silenzioso, appare poco, non ha un carattere esuberante ma quando viene fermato per foto e autografi non si sottrae mai. Grazie a lui, oggi, la sua squadra mantiene aperto il discorso Europa League. Forse anche quello Champions. È la storia di un bambino diventato grande. E di un Torino diventato davvero Toro.
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