Il padre l’avrebbe “voluto con sé all’impresa
edile”. Eredità da tramandare: “Mi dava dello scarso, in realtà
voleva che lavorassimo insieme”. Sogno paterno sfumato, ma vuoi mettere? Pronti,
via e sinistro a giro per il primo gol in Serie A. Voilà. Tranquilli però, papà
“ci è sempre stato”. Come il pallone, la Roma e quei tatuaggi lungo
il corpo. Toh, c’è pure il logo di Twitter: “Una scommessa, se raggiungo
500 retweet me lo tatuo…”. Più di 1000 e… allora sì: “Mi
tocca“. Ma la domanda è scontata: “A quali dei tuoi tatuaggi sei più
legato?” Forse lo Scudetto Primavera conquistato con la Roma nel 2011, o una sfilza
di frasi emblematiche. “Crederci sempre”. Lui, però, mostrerebbe il
braccio sinistro: “Ho il Papa, la Madonna e gli angeli, hanno un significato
importante”. Come l’esultanza di ieri, contro la Samp, per un gol da vero 10. Da chi
ha il genio e la genialità, l’estro e la sfrontatezza, la parola “sacrificìo” tatuata nell’animo e viso da “guascone”. Il tutto in
trasferta, al Ferraris, ripensando a 5-6 anni fa, quando in Lega Pro si trovò
spaesato dopo una vita nella Roma: “Un giorno sei in Primavera e hai tutto. Poi ti ritrovi catapultato in un contesto molto
più povero, con le palestre con i vetri rotti dentro ai capannoni . E pensi, ma dove sono capitato?”. Altra vita, altro “Cicero” stavolta. Con la consapevolezza di un talento che c’è sempre stato, forse eclissato da contesti difficili in cui emergere è un’impresa. Volfango Patarca se ne accorse prima di tutti e lo portò alla Lazio da ragazzino, ma nel 2004 arrivò Bruno Conti: “Ciciretti è figlio di romanisti sfegatati, sanno tutti i cori della curva, quel ragazzo ha la Roma dentro”. Semplicissimo portarlo “a casa”. Ora, dopo la doppia-promozione col Benevento, un sinistro per Baroni e per la salvezza (i giallorossi hanno perso 2-1). Ripensando a quei vetri rotti “dribblati” con sacrifici e qualità.
Braccia al cielo verso chi purtroppo non c’è più: “Scusa se
ho pianto. Tu non avresti voluto. Avresti detto hai fatto solo il tuo
lavoro (leggi qui)“. Figlio di una foto su Instragram e di un Benevento-Cesena che non
sarà mai come tutti gli altri. “Ciao Nonnì…”. Ciciretti è anche
questo, cuore e sentimento. Un calcio a chi giudica l’apparenza e non guarda
oltre i tatuaggi. Prima i valori, il rispetto, poi il resto. Biondissimo, lui. Come l’idolo Totti, guardato e riguardato in
Primavera, dove ha vinto lo Scudetto di categoria insieme a Florenzi e tanti
altri: “Anche se il più forte era Caprari”. Poi lui, il 10, il
fantasista, quello che può fare “anche l’esterno o il centrale di
centrocampo”. Tre anni fa, Ciciretti arrivò al Messina come scarto della
Pistoiese. Ce lo raccontò Danilo Pagni, ex ds della Ternana, proprio ai nostri microfoni (leggi qui): “Danilo,
che ne pensi di Ciciretti? mi domandò il presidente Lo Monaco”. Risposta
secca: “Prendiamolo subito”. Il resto è storia. Lui, gli scherzi, le
imitazioni di Bombolo, un cambio di ruolo decisivo e un selfie “alla Totti” in un derby con la
Reggina. Lì, Amato diventa Ciciretti e inizia la scalata. Storie di gavetta:
la Roma non lo vede e lo spedisce alla Carrarese. Lui, romano e romanista,
resta deluso, amareggiato. Pregando in silenzio per il dio-ritorno, quella che
prima o poi ammette le sue colpe: “Sì, ho sbagliato a lasciarti andare.
Torna dai…”. Vedi Fabregas, o Pique. Amato ci spera: “Faccio
anch’io un fioretto: se mi chiamano, faccio la strada Benevento-Roma a
piedi!”. Tempo al tempo, prima o poi torna tutto. Forse anche la Roma: “Non facevo al caso loro . Poi il Messina, il Benevento e le due promozioni. L’hanno cercato Napoli e Atalanta, ma lui ha detto no: “Resto qui!”. Primo squillo in A a 23 anni, ora. Sognando Totti e il prossimo tatuaggio con scritto “salvezza”. Con tanti saluti all’impresa di papà.
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