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Liverpool, alle origini di Luis Diaz: “Era magro, ma sembrava Neymar”

Ha da subito conquistato la fiducia di Klopp e dei compagni, guadagnandosi la titolarità in uno dei tridenti più forti del calcio europeo degli ultimi anni. Questa sera Luis Diaz affronterà la prima finale europea della sua carriera: quella di Champions League, contro il Real Madrid. 

I Reds lo hanno acquistato a gennaio per aggiungere un’altra freccia al proprio arco in attacco. In pochi mesi ha messo insieme 25 presenze, 6 gol e 5 assist fra Premier League, FA Cup e Champions League. Si è già appuntato al petto due titoli, quello della EFL e della FA Cup. E ha stregato il suo allenatore, che in tempi non sospetti ha dichiarato di “non conoscere altro giocatore che si diverta più di lui in allenamento: è sempre col sorriso sulle labbra, è un piacere vederlo“. 

 

“Aveva 17 anni, ma sembrava ne avesse 13”

Vederlo giocare in uno dei club più importanti al mondo è qualcosa di impressionante. Vederlo scendere dall’aereo mi porta a ricordare quel giorno che gli dissi: “Sei secco, ma sembri un brasiliano”. Nei giorni scorsi gli ho mandato un messaggio tramite il suo agente per complimentarmi e per ricordargli che è un esempio per tanti ragazzi di questa zona”, a parlare a Gianlucadimarzio.com è Henry Peralta Valentierra, professione ‘cazatalentos’, ovvero talent scout.

Soprannominato El Ojo de Aguila, l’occhio dell’aquila, per aver scoperto un 12enne Santos Borré, attuale centravanti dell’Eintracht Francoforte, Valentierra era presente quando nel 2014 il giovane Diaz si presentò a Barranquilla accompagnato dal padre per un provino con il Junior.  “Il primo che lo vide in mezzo a 500 ragazzini tutti vestiti di bianco fu il Profe Juan Carlos Cantillo, che mi aiutava nel cercare talenti in ogni parte del Paese ed è stato molto importante nella sua crescita. Noi siamo stati il suo primo contatto con il club, il primo filtro. Ricordo che era molto magro: aveva 17 anni, ma sembrava ne avesse 13, giocava in un campo con pietre ma controllava il pallone nonostante le difficoltà. Era un ragazzo tranquillo ma molto rispettoso, timido e rispondeva spesso solo con un sorriso”.

 

Juan Carlos Cantillo e Henry Peralta Valentierra

 

Oggi, Valentierra ha aperto una scuola calcio, dopo che negli scorsi mesi è stato allontanato dal Junior: “I giocatori passano, ma noi rimaniamo per aiutare altri giovani. Siamo sognatori. Con la mia Academia cerchiamo talenti in tutte le città della Colombia per trovare nuovi Luis Diaz”.

 

 

Dalle partite a piedi scalzi per strada nella piccola Barrancas nel dipartimento di La Guajira, fino a Barranquilla. Un tragitto di oltre 6 ore che il classe 1997 aveva già fatto nel 2009 per giocare un torneo in cui affrontò proprio la squadra allenata dall’osservatore.La prima volta che venne qui aveva 12 anni, con una squadra allenata da Oscar Garcia per un torneo in cui vinceva le partite da solo. Ricordo che scrissero anche alcuni articoli su di lui, ma rimase nella squadra della sua città. Poi non si è saputo più nulla, fino a quando non ricomparve 5 anni dopo accompagnato dal padre. Ricordo che un giorno venne da me e mi disse: “Sono io, Luchito, il ragazzino che aveva giocato contro la squadra che allenavo e che in quella partita aveva segnato il gol decisivo”. Allora gli risposi: “Claro! Tu sei un crack!”.

“Se non gli avessero dato tanti compiti difensivi, oggi parleremmo di un ‘Neymar'”

Un talento cristallino, anche se i primi mesi del Guajiro nella città costeña non furono semplici, in campo e fuori. “I primi tempi rimase a vivere con il padre a casa di uno zio, per difficoltà economiche. C’era il campionato nazionale U20, ma lui non venne convocato perché rimase con la squadra b per disputare un torneo alternativo. Non lo vedevano pronto e lo consideravano come una scommessa. Solo dopo qualche mese iniziò ad allenarsi con la squadra U20 allenata da Melquisedet Navarro e nelle prime partite di campionato iniziò a mettersi in luce, così il Junior gli ha messo a disposizione una casa e si è incaricato dell’alimentazione”.

  

Ala sinistra o seconda punta, nel Junior ha collezionato 20 gol in 86 presenze, prima del salto in Europa al Porto nell’estate del 2019. Ma il picco più alto lo ha raggiunto con la nazionale colombiana la scorsa estate nella Copa América in Brasile, quando è stato eletto giocatore rivelazione del torneo con 4 gol in 5 presenze. “La cosa che mi ha colpito subito era la capacità di saltare l’uomo, aveva le gambe lunghe, ma riusciva a muovere il pallone velocemente con il primo controllo che diventa un dribbling: era impressionante vederlo superare gli avversari in velocità, con la palla attaccata al piede. Se nelle giovanili non gli avessero dato tanti compiti difensivi, oggi staremmo parlando di Neymar”. Il Real Madrid è avvertito.

Mattia Zupo

Giornalista pubblicista e studente in Scienze Umanistiche per la Comunicazione. Fiorentino nato a Fiesole nel 1996. Notti magiche, quelle passate a vedere il calcio sudamericano, dove il talento e la garra prevalgono sulla tattica. Uno sguardo al futuro e uno al passato alla ricerca di storie legate al fútbol.

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