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Il calcio è vivo: la magica notte di Ilicic ad Anfield

Il calcio è morto, il calcio è vivo. Il calcio è. Nella serata in cui il mondo – del calcio, ma non solo – piange Maradona, senza colori né campanilismi, stringendosi in un abbraccio virtuale e unico, quella palla che Diego ha trattato così bene “e che gli rispondeva, assecondandolo”, non ha smesso di rotolare in campo, regalando una storia di rinascita: quella di Josip Ilicic. “My name, your name”, cantava Pino Daniele: il calcio è quella cosa dove i nomi sono diversi, ma le emozioni restano intense allo stesso modo. L’Atalanta vince 2-0 ad Anfield, lo fa in uno dei momenti più complicati di una stagione che dopo una partenza lanciata si era un po’ rallentata; lo fa in una partita decisiva per il passaggio del turno e con il vivido ricordo di uno 0-5 subito dai ragazzi di Klopp appena tre settimane fa; lo fa con l’uomo che più di tutti meritava di metterci la firma: Josip Ilicic, al primo gol stagionale con la Dea dopo il ritorno in campo.

 

“Il meglio deve ancora venire”, aveva detto Josip qualche settimana fa. Il meglio, dopo il peggio, è arrivato questa sera, con il gol che squarcia il silenzio di Anfield. Gli mancava da marzo, dal poker contro il Valencia: era Champions anche allora, prima che il mondo cambiasse; è il suo numero 50 con la maglia dell’Atalanta. E anche chi non crede al destino, forse, questa sera un disegno lo intravede. Gli ultimi mesi dello sloveno li conosciamo: l’assenza, la discrezione e la vicinanza di una Bergamo che stava vivendo il suo stesso dolore. L’Atalanta, Gasperini e i compagni che lo aspettano: non avere fretta Josip, siamo qui. Il ritorno in campo, un fisiologico periodo di adattamento per riprendere la forma; i primi sprazzi, di una luce che finalmente si è rivista stasera in un tempio nel calcio: non esisteva, probabilmente, un luogo più opportuno per dargli il bentornato.

 

Liverpool, Inghilterra. Un argentino col 10 sulla schiena che fa male ai “lads”. È stato Diego 34 anni fa, è Papu Gomez (con le dovute proporzioni, naturalmente) questa sera: la scena è di Ilicic, ma su quel poster come co-protagonista c’è anche il suo nome: se fossimo in un film, una strameritata candidatura all'Oscar; se fossimo dentro una tela due pennellate, la prima sul piede di Josip, l’altra sulla testa di Hateboer che fa la sponda per Gosens. In un turno di Champions dove – tra martedì e mercoledì – non segna nessun argentino (non accadeva dal novembre 2015), ne basta uno che giganteggia ad Anfield, dopo aver guardato fisso su quel tabellone che ritraeva Diego per tutto il minuto di raccoglimento: il calcio era, il calcio è.

 

Il Liverpool non perdeva (nei 90’) in casa in Europa dal 2014 contro il Real Madrid di Cristiano Ronaldo e Ancelotti; non perde in casa in Premier League da 64 partite; non aveva mai perso con più di un gol di scarto ad Anfield con Jurgen Klopp in panchina. E poi è arrivata l’Atalanta… la seconda italiana capace di battere i Reds a domicilio in Champions League dopo la Fiorentina, la quinta in assoluto (le altre: Genoa, Roma, Udinese). Numeri e statistiche a corredo di ciò che il calcio ha confermato di essere, anche stasera: una storia. Ciò per cui Victor Hugo Morales ringrazia Dio, per il calcio e per Maradona, pochi secondi dopo lo slalom di Diego contro l’Inghilterra. Quello che nello stesso giorno ci fa piangere e sorridere, muore e rinasce: il calcio era, il calcio è. Il calcio sarà.

 

Marco Bonomo

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