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L’incredibile anno di Pal Dardai, tra Hertha Berlino e Nazionale ungherese

“A tutti è concesso di sognare. Non sogno di andare un giorno su Marte, ma raggiungere una finale di Coppa, perchè no, è possibile” (P.Dardai, 5 febbraio 2015)

365 giorni fa era storia di retrocessione, penultimo posto e squadra demotivata, ormai sgonfia dopo la lunga e discreta gestione di Jos Luhukay. Oggi, è storia di Champions League, storia di un’Europa che Berlino aveva sentito nominare prima solo dalla sua Cancelliera. La rivoluzione di Pal Dardai, potremmo chiamarla; attuata da un ungherese minuto, ex colonna dell’Hertha che un anno fa è stato scelto per l’arduo compito: portaci alla salvezza.

È così che la favola è cominciata, da un allora 38enne alle prime armi. Quel 5 febbraio 2015, Dàrdai fu annunciato. Come se non bastasse, la sua prima esperienza in un campionato professionistico europeo coincideva con una cominciata qualche mese prima, da allenatore della Nazionale ungherese. Un caso più unico che raro, un doppio impegno per un ragazzotto che di gavetta ne aveva vista ben poca. Eppure…

https://twitter.com/paldardai/status/695222967811325953

Eppure Dardai ce l’ha fatta, con stile e impegno unici. Soprattutto grazie alla sua vincente gestione, la Nazionale ungherese ha raggiunto l’Europeo, quasi 45 anni dopo l’ultima volta.  E che dire dell’Hertha Berlino, salvato all’ultima giornata e ricostruito da cima a fondo. Con mentalità, non con grandi spese. La squadra è cambiata poco, esprime un calcio non bellissimo da vedere ma è maledettamente cinica. Solidità, la parola d’ordine.

Oggi l’Hertha ha gli stessi punti dello scorso anno, ma il girone di ritorno è appena cominciato. Un terzo posto che vuol dire Champions League, anche se è vietato farsi illusioni. La soddisfazione, quella c’è. Pàl Dardai ha già segnato la storia, il passo è molto simile a quello della miglior stagione di sempre della squadra della Capitale, quando in panchina c’era Lucien Favre. Nel 2009 fu quarto posto e Coppa Uefa, nel 2016 chissà. La favola di Pàl è ancora tutta da scrivere.

Redazione

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