Una storica rivalità divide Pistoia e Prato, città separate da una ventina di chilometri attraversati da fabbriche e un’infinità di vivai. E Pistoiese-Prato, in una terra campanilistica come la Toscana, è uno dei derby più sentiti. Antagonismo antico, che risale ad un fatto avvenuto nel tardo Medioevo quando un canonico pistoiese chiamato “Musciattino” tentò il furto della Sacra Cintola (reliquia tutt’oggi conservata
nel Duomo di Prato), che oggi si è riversato allo stadio “Marcello Melani”. Arancioni contro biancazzurri, una sfida importante per la salvezza in Lega Pro (girone B) giocatasi in una di quelle giornate solari ma fredde, anticipatrici di una Primavera che non vede l’ora di sbocciare.
Gioco duro in campo, calcio vero. Non il pubblico delle grandi occasioni, però, e il settore ospiti desolatamente vuoto: il tifo organizzato pratese ha disertato, in aperta contestazione verso la dirigenza. “Cenciaioli” si sente urlare ripetutamente verso qualche tifoso del Prato assiepato nella tribuna pistoiese: così i tifosi arancioni appellano i rivali in riferimento al mestiere della cernita degli stracci. Di contro, a Prato, gli “arancioni” vengono chiamati “piri”, che a Pistoia non è un complimento. Tornando al calcio giocato, è doppio botta e risposta: il Prato pareggia i due vantaggi pistoiesi per tempo. Quattro reti e quattro “invasioni” di campo delle panchine: un derby è sempre un derby. Finisce 2-2, con un’espulsione nel finale per i biancazzurri. Le due squadre restano lì, in zona pericolante, ma non vedono l’ora di rincontrarsi.
Marco Da Pozzo
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