I capelli sono rimasti quelli, la condizione fisica si vedrà. In fondo la Cina non è sicuramente il campionato più competitivo in cui abbia giocato e Gervinho è lontano dal calcio che conta da un paio di anni. Da quando lasciò la Roma nel 2016 per quasi 28 milioni di euro. Dopo i 26 gol segnati in 88 partite, gli assist e... un arrivo inaspettato. Esatto, chiedetelo a Walter Sabatini. L’allora direttore sportivo dei giallorossi aveva appena accolto Garcia. L’allenatore francese non gli chiede praticamente nulla, solo l’attaccante ivoriano. Beh, non proprio il nome che avrebbe voluto sentirsi dire: “Giocai spudoratamente al ribasso con l’Arsenal, nella speranza che mi dicessero di no – ha poi confessato qualche anno più avanti – ero a Londra, entrai in un ristorante italiano. Il cuoco mi disse: ‘Walter, non sarai mica qui per comprare Gervinho’. Nemmeno lui lo voleva”. Alla fine, però, l’ivoriano sbarcherà nella capitale. E farà meglio della sua parentesi inglese.
Troppo forte il legame con Rudi Garcia. L’allenatore che lo ha guidato sul tetto del mondo in Francia con il Lille. Vittoria della Ligue 1, la prima volta nella storia del club. Un traguardo impensabile per Gervinho, che da’ un contributo fondamentale con i suoi 18 gol. Lui che da bambino giocava per strada e senza scarpe. A 11 anni, nell’accademia di Abidjan, per ottenere il primo paio doveva superare tre test. Per entrarci, invece, supera una selezione di 500 ragazzi. Festa grande in casa, insieme ai genitori e agli undici fratelli. Non segnerà mai più così tanto come con la maglia del Lilla: “Dicono che non sono freddo sotto porta? Provateci voi a correre, scartare avversari e scattare per 50-70 metri. A volte davanti alla porta mi cala la nebbia” Si è sempre difeso.
E se il buongiorno si vede dal mattino… beh, il proseguo della sua avventura londinese non è poi così meglio: “C’è poco da imparare quando stai in panchina e io ci sono stato tanto – ha poi raccontato – non si fidavano di me e questo non mi ha fatto bene. Io se non gioco non rendo, il turnover è una cosa, la completa sfiducia un’altra e un giocatore la sente, anche se c’è chi pensa che essere sempre messi in discussione innalzi la competitività“. Altra tegola, la Nazionale. Nel 2012 si gioca la Coppa d’Africa in Gabon e in Guinea Equatoriale. La sua Costa d’Avorio arriva fino alla finale. Calci di rigore, lui va sul dischetto e sbaglia il penalty decisivo, regalando il trionfo allo Zambia. Si rifarà tre anni dopo, nel 2015, battendo in finale il Ghana.
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