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Lazio-Torino: la corte d’Appello respinge il ricorso di Lotito

La partita rinviata si dovrà giocare. La Corte Sportiva d'Appello, che ieri ha ascoltato in udienza gli avvocati di Lazio e Torino, ha stabilito che non sussistono le motivazioni che hanno portato il club biancoceleste a intentare un ricorso e che, invece, vale la causa di forza maggiore che ha impedito i granata di partire per Roma lo scorso 2 marzo.

La squadra di Nicola, in piena emergenza Covid (focolaio di variante inglese), non aveva infatti ottenuto il permesso da parte dell'Asl di Torino di poter lasciare la città. Resta quindi confermata la decisione del Giudice Sportivo Mastrandrea che aveva già disposto il rinvio della gara (con data ancora da destinarsi).

Ricorso Lazio, le motivazioni della Corte d'Appello

Tra le motivazioni (qui il testo completo), emerge soprattutto un passaggio: "Come evidenziato dal Giudice Sportivo, questa Corte non può disapplicare i provvedimenti amministrativi, adottati da una autorità statale o, come nel caso di specie, territoriale; trattasi, invero, di “atti amministrativi di fonte superiore rispetto alle norme federali, che cedono di fronte ai medesimi”". Di fatto, la Corte d'Appello conferma come la decisione dell'Asl sia da considerare di livello superiore rispetto alle norme federali.

Corte d'Appello: "Condotta Torino improntanta sulla furbizia"

Ciononostante, la Corte d'Appello ha voluto condannare anche la condotta del Torino. Il principio della lealtà sportiva, si legge, "non dovrebbe mai essere vanificato, neppure nella presente situazione di emergenza sanitaria, con comportamenti che, come nel caso della Società F.C. Torino S.p.A., sembrano finalizzati, invece, all’unico fine di ottenere, nelle ipotesi di calciatori risultati positivi al COVID-19, il rinvio della disputa delle gare che potrebbero essere, tranquillamente, disputate, atteso, peraltro, il consistente numero delle rose di calciatori a disposizione delle Società professionistiche.

Comportamenti, questi ultimi, improntati ad una sorta di “furbizia” che non sono, in alcun modo, in linea con i principi di lealtà, probità e correttezza che devono, invece, sempre ispirare chi partecipa a competizioni che, sebbene abbiano natura professionistica, riguardano sempre un gioco, o meglio un “giuoco” per ricordare la parola ricompresa nella definizione della Federazione".

Redazione

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