La dai all’Inferno e la ritrovi in Paradiso. Sposti un attimo lo sguardo ed è di nuovo giù, negli inferi, che arranca. Poi si risveglia e vince, dopo i soliti incubi. Semifinale di Coppa Italia. Perché se la Lazio fosse un film sarebbe un thriller dal finale a sorpresa, mai banale, sempre coinvolgente.
E se fosse un attore avrebbe la maschera di Guy Fawkes, anche se a San Siro di congiure non ce ne sono, al posto della polvere c’è il nevischio. La pioggia scalfisce, Immobile graffia, Icardi ferisce a un soffio dalla fine, e poi la squadra sorride beffarda: V per Vendetta e non per Vecino, stavolta vince la Lazio e va in semifinale contro il Milan. Nel gelo e con rabbia, due rigori parati e un po’ di fortuna, Nainggolan sbaglia e Strakosha intuisce. Risolutivo.
Come Ciro Immobile o Lucas Leiva, il migliore in campo al di là del rigore decisivo. 120′ di battaglia. La fotografia perfetta di Simone Inzaghi, uno che prima viene espulso per proteste e poi raggiunge il primo anello per sostenere i suoi davanti le tv: Simoncino osserva i suoi dalla tribuna, arrabbiato, in silenzio, ma quando segna Leiva esulta come se fosse in curva. È uno che ha la Lazio dentro, e che ha sofferto l’esclusione dalla Champions come un tifoso. Un progetto che si sgretola, il cristallo rimasto tale e mai diventato diamante. L’epilogo più triste infrantosi forte su Vecino. Stavolta sorride lui, e riparte: V per Vendetta. Paradiso.
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