È finita con un boato urlato nel vuoto, soffocato dal fischio di Guida e dall’urlo strozzato di Lazzari. La gioia della Lazio si limita alla consapevolezza che questo può essere l’anno giusto per la Champions League. Lo dicono il gioco e le occasioni create, lo dice soprattutto l’atteggiamento della Roma, prudente al limite del timoroso, costretta a correre ai ripari per arginare gli affondi biancocelesti.
La Lazio continua a correre dopo l’esordio da urlo di Genova, anche se all’Olimpico è mancata la precisione. E soprattutto la fortuna. “Non si possono non vincere partite del genere”. L’appello di Inzaghi accoglie tutti i rimpianti del popolo biancoceleste sbattuti sui pali (4). L’allenatore urla e sbraita a bordo campo, si sbraccia come un forsennato quando la squadra non fa male nonostante le tante occasioni create.
A fine primo tempo la camicia non riesce più a contenere la sua rabbia, tanto che nella ripresa si presenta in panchina in t-shirt. Lo spettro di una sconfitta dolorosa gli si è parato davanti quando il cross di Dzeko è stato frenato dal braccio di Milinkovic. La bordata di Kolarov dal dischetto ha amplificato i timori senza però spegnere la voglia della Lazio. Sempre bella e pungente, questa volta poco cattiva davanti a Pau Lopez.
La squadra di Inzaghi è in costante crescita, può puntare in alto, fino alla Champions, obiettivo dichiarato degli ultimi anni e sempre sfumato. Lo sa Inzaghi e lo sa la squadra, più matura e consapevole. Anche nei suoi interpreti. Luis Alberto su tutti, libero dalla morsa della pubalgia e dalle sirene di mercato.
Lo spagnolo ha incantato contro la Sampdoria, si è ripetuto con la Roma. E’ tornato a danzare sul pallone, si rivede il mago dei tempi migliori, anche se il ciuffo biondo è sparito lasciando il posto ad un più sobrio colore nero. Il derby della Lazio è stato conferme e rimpianti. Il pareggio brucia ma dice che la Lazio può andare lontano.
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