Piedi in fuga dall’Italia, in cerca di fortuna. E’ il caso di Federico Zini, ventitreenne di San Miniato. Zaino in spalla e biglietto per la Mongolia in mano. Lo attende l’Ulaanbaatar, impronunciabile squadra con la quale Federico ha firmato un contratto di un anno. Stupiti? In realtà a queste scelte “esotiche” Zini è già abituato: Malta, Bulgaria, Filippine le tre precedenti esperienze. Ma la parte più bella della sua storia non è questa, perché Federico subì nel 2015 un terribile infortunio (rottura della rotula e di tutti i legamenti del ginocchio), quando giocava per i filippini del Ceres La Salle, che mise seriamente a rischio la sua carriera. A distanza di 15 mesi parte la nuova avventura, rigorosamante all’estero.
“Sono felice, non ho mai mollato” – racconta Zini ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Fa un bell’effetto sapere di poter tornare a giocare dopo sedici mesi di sosta forzata. La voglia di riiniziare e di rimettermi in gioco è tanta. Adesso finalmente sto bene, posso recuperare il tempo perso”. Ma come nasce questa speciale vocazione per le squadre estere? “Tutto è iniziato nell’estate 2014, con il trasferimento a Malta, nel Msida SJ. Da lì mi sono fatto un nome e sono arrivate soprattutto richieste dall’estero. Qualche offerta dall’Italia c’è stata, ma al momento non mi conviene tornare. Mi avrebbe spinto la voglia di stare con la mia famiglia, la mia ragazza e i miei amici. Però vedo che in Lega Pro e in Serie D ci sono tante situazioni poco chiare che mi portano ad accettare le offerte dall’estero. Io sono di Pisa e la crisi è stata emblematica, la stessa che vivono molte altre società minori della Toscana. Ho avuto problemi simili a Borgo a Buggiano e al momento non voglio rischiare”.
Tu nasci nelle giovanili dell’Empoli: chi tra i tuoi compagni ha poi fatto carriera? “Federico Bernardeschi e Daniele Rugani sono quelli che sono arrivati più in alto. Poi ce ne sono tanti che girano tra serie B e Lega Pro. Pucciarelli? Mi scrisse un messaggio quando ero infortunato e da lì cominciammo a sentirci e siamo diventati amici: fu un gesto molto bello il suo”. Come ti descriveresti tecnicamente? “Nasco come punta centrale, ma a Malta e in Bulgaria sono stato spostato all’esterno o come seconda punta. Sono rapido e mi piace giocare sul filo del fuorigioco. Tutti mi hanno sempre descritto come nato per il gol più che per giocare per la squadra. In realtà gioco per la squadra, ma la voglia di fare gol è molto invitante… (ride)”. Una curiosità per ogni campionato visitato? “A Malta, che si vinca o si perda, la squadra intera va al pub e i tifosi offrono da bere ai giocatori. Una cosa molto bella e inedita per noi italiani. In Bulgaria un piatto, si chiama Tarator, è a base di latte e cetrioli tagliati e te lo danno sempre prima della partita: le prime volte quasi mi sentivo male. Nelle Filippine l’allenamento alle sei del mattino”.
Hai dei modelli? “Allora… Mi è sempre piaciuto tantissimo Filippo Inzaghi, da piccolo mi paragonavano a lui. Adesso stravedo per Fabio Quagliarella: ho scelto la maglia 27 proprio perché è il numero di Fabio”. Come passa il tempo libero un italiano in Bulgaria e Indonesia? “Per fortuna ho sempre avuto un buon feeling con i compagni, quindi magari uscivamo per locali la sera o andavamo nei centri commerciali: qualcosa da fare si trova sempre”. Sei scaramantico? “Sì, tantissimo, prima della partita devo sempre ascoltare la stessa canzone, altrimenti non sto tranquillo. Quale? Eh, non posso dirtela, altrimenti finisce l’effetto (ride di nuovo). Però sono anche molto religioso e prego spesso”. Cosa ti è mancato di più dell’Italia e cosa ti mancherà? “La famiglia, la quotidianità, lo stile di vita. Anche solo poter prendere la macchina e farmi un giro per la città. Oppure chiamare gli amici e organizzarsi un’uscita”.
Cosa ti hanno insegnato tutte queste esperienze? “A cavarmela sempre da solo. Ero ragazzino la prima volta e quell’anno mi ha fatto maturare in fretta. Ho imparato anche modi totalmente diversi di vivere il calcio, sia fuori che dentro il campo. Alcuni campionati sono più fisici, altri più atletici, altri più tecnici. Se consiglio un’esperienza del genere? Sì, a patto che uno sia disposto a fare sacrifici per raggiungere i suoi obiettivi: ne vale la pena. Il livello non sarà certo quello di serie A, ma ti senti veramente un calciatore. Hai gli occhi di un paese intero addosso, ti fa capire cosa significa essere un professionista: sei protagonista”. Ho visto che fai raccolta di maglie, sei un appassionato? “No, in realta si tratta di un’iniziativa, si chiama “un pallone per un sorriso”. E’ partito tutto da me, mio fratello e la mia ragazza. Consiste nel raccogliere le maglie indossate dai calciatori e metterle all’asta per beneficenza, aiutando l’associazioine Make A Wish Italia. Hanno aderito tantissimi calciatori, quasi settanta, come Tonelli, Mazzarani che è testimonial, Caracciolo, i fratelli Giovinco e molti altri“.
L’avventura in Mongolia è ormai alle porte, cosa ti aspetti dal 2017? “Adesso il mio obiettivo è tornare in campo e dimostrare che posso giocare come prima. Ho fatto una scommessa con il mio procuratore, quella di diventare capocannoniere: voglio vincerla. Sogno? Simpatizzo per il Real Madrid, ma dire che il mio obiettivo è giocare per il Real mi sembra un pochino azzardato (risata contagiosa). Però visto che si parla di sogni…”. Prima di terminare l’intervista Federico ci ferma: “Vorrei approfittarne per fare alcuni ringraziamenti, posso? Anzitutto alla mia famiglia e alla mia ragazza, che presto mi raggiungerà in Mongolia: mi sono sempre stati vicini in questo periodo difficilissimo. Poi al mio procuratore Angel Ruiz (Agency Ruiz&Gomez): ho perso un anno per l’infortunio ma mi è sempre stato vicino. Mi ha ridato la possibilità di rimettermi in gioco”. In bocca al lupo Federico.
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