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​L’appuntamento con la maledizione è (nuovamente) servito: per il Milan Verona resta fatale, fotografia di un’annata sinora da incubo

Solite, prime e fondamentali coordinate per l’appuntamento: ora e luogo, mai casuali. Decisamente più congeniali lato gialloblu, tra un supporto sempre caldissimo e la necessità di ritrovare i tre punti dopo la rimonta subita a Ferrara; molto meno comode, per usare un eufemismo, a chi dell’incontro a pranzo (con 0 vittorie in due precedenti stagionali) farebbe volentieri a meno, soprattutto a Verona. Rendez-vous tra presente e passato indigesto come non mai per il Milan, anche oggi e 27 anni dopo quella seconda occasione. Senza dimenticare l’inizio (datato 20 maggio 1973) di quella che attualmente, a livello di scontri al “Bentegodi” e con 3 sconfitte subite negli ultimi 3 precedenti, vale letteramente come la fine.

Luce in fondo al tunnel? Niente affatto, almeno per il mondo rossonero. Appuntamento con la maledizione nuovamente servito e risultato quantomeno sorprendente, nelle proporzioni e nella maturazione, esattamente opposto al recente confronto in Coppa Italia. Da un 3-0 all’altro: quattro punti ottenuti con le ultime tre squadre della Serie A, tra la beffa-Brignoli e il tracollo odierno contro l’Hellas Verona, per quella che resta e forse resterà un’annata da dimenticare. Incapace di trovare continuità, questo Milan: psicologicamente travolto dal tris gialloblu, per un quartultimo attacco del campionato mai così prolifico in questa stagione nei 90′; crollato di fronte a gol subiti in maniera banale, con tre gravi disattenzioni e l’espulsione di Suso come ciliegina rancida su una torta immangiabile, ma deglutita a forza e senza batter troppo ciglio.

Per chi ritrova il sorriso, da un lato, riaccendendo ulteriormente le proprie speranze di salvezza nonostante un Pecchia fischiato nel pre gara, dall’altro i commenti risultano inaspettatamente superflui. Innegabile stia andando semplicemente tutto storto: da una campagna acquisti incapace di dare i risultati sperati all’addio prematuro a Montella, puntando in corsa su un Gattuso richiamato a Milanello per far curare la crescita della Primavera rossonera, passando per una quadra mai definitivamente trovata ed un gioco che, dopo i buoni segnali delle ultime due gare, si è ancora inceppato. Un incubo senza fine che spinge al chiaro pensiero di una situazione difficilmente modificabile in maniera definitiva: montagne russe continue, dalla sconfitta di Genova ad oggi, mai destinate a trasformarsi in un binario retto e dritto verso una possibile ripresa.

Piccolo con le grandi e “grande” con le piccole, si diceva all’inizio: ma anche l’impressione di vedere un Milan fare quello che appariva come semplice proprio dovere, con il tempo, è svanita. Ciclo di gare meno impegnative sulla carta, dopo la trasferta di Napoli, trasformatosi in autentica collezione di delusioni (Bologna a parte) ed occasioni sprecate per rientrare ulteriormente in zona Europa: di fronte ad un rendimento così, a livello di risultati, sembra davvero esserci poco da fare. E pur riportando la squadra ad un modulo più abitudinario come il 4-3-3, aumentando l’intensità degli allenamenti settimanali, Gattuso ha ricevuto solo in maniera parziale risposte minimamente convincenti, senza l’ovvia opportunità di trasformare tutto con la bacchetta magica. Fotografia di un’annata nata male, dopo il grande entusiasmo per la campagna acquisti estiva, e capace di proseguire anche peggio. Viaggiando sempre più verso la concezione di un fallimento del progetto tecnico, gara dopo gara, tutt’altro che lontana dalla realtà.

Simone Nobilini

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