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La vuelta (al gol) del “Cabezon”: Andrés D’Alessandro, l’ultimo dei trequartisti, torna a illuminare il “Monumental”

Tunnel con l’esterno sinistro, scambio con Mayada e puntata da calcetto sul primo palo a bucare la porta. River Plate – The Strongest, Copa Libertadores, 13′ minuto: l’aveva promesso, Andrés D’Alessandro. ‘Quiero volver a hacer historia en River’. Emozione, lacrime, nostalgia pura e mani sul volto, incredule, dopo un’esultanza attesa per tanto tempo. Ora, si può dire davvero: promessa mantenuta, il sogno è finalmente realtà. Dopo 13 lunghissime stagioni e dopo l’addio all’Internacional di Porto Alegre, finalmente il ritorno a casa e al gol, per un eroe mai dimenticato del popolo del ‘Millonarios’. Al Monumental si rivede un D’Alessandro maturo, 35enne, temprato e migliorato dalle esperienze in giro per l’Europa e in Brasile. Tecnica sublime, piedino sinistro battezzato dalle divinità. Ultimo esponente, forse, di quell’èlite di trequartisti vecchio stampo che ha fatto sognare l’Argentina negli anni 2000.

Ortega, Riquelme, Aimar, D’Alessandro…ah che meraviglia, brividi lungo la schiena soltanto a leggerne i nomi. Numero 10 tutto garra & fantasia, poesia in movimento per gli esteti del futbòl. Andrés ha deciso di rivestirsi di rojo y blanco, per chiudere una carriera dominata dal rimpianto. Sì, rimpianto, parola perfetta per descrivere l’avventura calcistica dell’eletto di ‘La Paternal’. Classico esempio di chi poteva essere e invece non è stato, incapace di compiere quel passettino in avanti decisivo per guadagnarsi la preziosa etichetta di fuoriclasse. Schiacciato come tanti altri dalla nomea di ‘nuovo Maradona’, paragone reso ancor più evidente dalle parole dell’ex Pibe de Oro: “D’Alessandro è il calciatore che più mi assomiglia, l’unico che mi diverte guardandolo giocare”. Dichiarazioni forti sì, ma giustificate. Perché nel 2002, quando al Monumental accorrevano in massa soltanto per vedergli toccare il pallone, chiunque avrebbe potuto accorgersi di come quel baby prodigio possedesse le stigmate del fenomeno.

Peccato, tutta colpa del ‘Cabezon’. Già, testone, non soltanto dal punto di vista prettamente fisico. Carattere fumantino e spigoloso, genio e sregolatezza. Ostacolo insormontabile e penalizzante, causa principale della mancata esplosione in Europa tra Wolfsburg, Real Saragozza e Portsmouth. Adesso, però, è tempo di guardare al presente e al futuro: che parla di gol magnifici e si allaccia al passato, per un’unione dal dolce sapore romantico. Il Monumental attende trepidante, sognando nuovi trionfi a suon di ‘boba’ e magie…

Redazione

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