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La prima volta delle donne allo stadio in Arabia Saudita

Quella tra Al-Ahli-Al Batin è diventata una gara storica, per il calcio in Arabia Saudita. Non per i cinque gol che i padroni di casa hanno segnato agli avversari, ma per la prima volta delle donne allo stadio. L’abolizione del divieto era stata annunciata dal Re Salman e rientra nel sistema di riforme Vision 2030, con il quale suo figlio e principe Mohammed bin Salman, cerca di introdurre un Islam più moderato all’interno del Paese. Così si è arrivati alla riapertura dei cinema dopo 35 anni e alla possibilità sempre per le donne di poter guidare. Cadono i divieti ma ne rimangono altri. È infatti ancora impossibile per le donne richiedere il passaporto, viaggiare sole all’estero, sposarsi, aprirsi un conto bancario e avvia determinate attività commerciali, senza il consenso di un tutore maschile come il padre, il fratello o il marito. Il divieto di andare allo stadio invece non ci sarà più.

Dall’annuncio all’effettiva realizzazione però sono state necessarie delle modifiche alla struttura degli stadi. Sono state infatti introdotte delle zone riservate alle donne, con dei bagni femminili e delle zone di preghiera. Per ora solo tre stadi sono stati ristrutturati al fine di poter ospitare le donne: oltre a quello di Gedda nel quale si è disputata la prima partita, anche l’impianto della capitale Riyad e quello di Dammam. Ticket di colore rosa e indicazioni per facilitare l’individuazione del settore, queste ed altre accortezze sono state necessarie per la prima volta all’esterno dello stadio Re Abdullah.

Per la prima volta sono state necessarie delle stewart al fine di facilitare le operazioni di afflusso e deflusso delle tifose nell’impianto, oltre alla presenza di personale sanitario femminile nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno. Un segno di apertura per la Saudi Professional League, il terzo campionato asiatico per valore di rose, dopo quello cinese e giapponese. Si aprono i cancelli per le tifose saudite, e si apriranno anche quelle del mondiale per tutto il movimento del Paese. Una vittoria per il calcio e per i diritti sociali.

Riccardo Setth

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