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Un bicchiere di vino, la dab-dance e un capitano che si riscopre bomber: tutti i segreti della rinascita dell’Avellino

Nella smorfia il 14 è il numero dell’ubriaco, e ad Avellino in questo momento ubriachi lo sono per davvero. Non è (solo) merito dei vino – prodotto tipico di quelle parti – ma della cura Novellino che nel girone di ritorno ha fatto più punti di tutti in serie B. Quanti? 14, facile. Ai quali vanno aggiunti anche i 5 del finale di 2016. Niente male per un allenatore arrivato sulla panchina dell’Avellino dopo l’avvicendarsi negli anni di Rastelli, Tesser, Marcolin, ancora Tesser e per finire Toscano. E allora sì, dopo la vittoria con il Vicenza avrà festeggiato,probabilmente con un bicchiere di Taurasi, lui che in alta Irpinia ci è nato (Montemarano) ma che solo ora sta imparando a conoscere quella terra dopo l’infanzia brasiliana e gli anni trascorsi su e giù per l’Italia da calciatore prima, d’allenatore poi.

E’ arrivato ad Avellino alla sua maniera, in punta di piedi: “Dovevamo solo lavorare sulla testa dei ragazzi”. Ha spiegato dopo la vittoria con il Vicenza. Terzo successo consecutivo, tre gol ai biancorossi, e terza vittoria contro le venete (battute anche Cittadella ed Hellas Verona). “Non ci penso ai playoff”. Vola basso Novellino, il pensiero è già alle prossime sfide: Pro Vercelli martedì e poi Perugia. Eccola lì la Sua partita, rigorosamente con la S maiuscola. Non solo per la classifica ma soprattutto per tutto quello c’è dietro: Perugia lo ha adottato da ragazzino, è la città dove ha conosciuto sua moglie Graziella, beccata affacciata alla finestra in uno dei palazzi di Ferro di Cavallo, quartiere periferico della città. Ma sarà una partita speciale anche per Matteo Ardemagni, diventato il volto più bello della rinascita dell’Avellino sul campo. 17 reti l’anno scorso in biancorosso, 8 per ora con l’Avellino. Leader in campo, ma sopratutto nello spogliatoio tra nuotate immaginarie, “Dab dance”,e la promessa di tingere i capelli verdi in caso di promozione.

E poi c’è Angelo D’Angelo, capitano di una squadra e di una città che oramai sente come sua. Dagli anni della Serie D al sogno playoff del 2015 infranto su una traversa di Bologna mentre era a casa a soffrire in tv per una frattura alla costola che gli impedì di essere in campo . Col Vicenza è arrivata la sua prima doppietta in maglia biancoverde che ripaga di tanti sacrifici ed una vita dedicata alla maglia dell’Avellino. Ma ci sono anche la spensieratezza delle giocate in velocità di Verde e la solidità delle chiusure di Jiday nell’Avellino che incanta e che ha già ubriacata tutti: perché non c’è niente di meglio di festeggiare le vittorie con un passo di “dab dance” ed un bicchiere di Taurasi.

Redazione

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