A Nantes si fa festa. Stade de France dipinto di giallo, città in delirio tutta la notte: il club sabato sera ha vinto la Coppa di Francia ed è tornato ad alzare un trofeo ventun anni dopo l’ultima volta. Si sorride da quelle parti. E pensare che giusto un anno fa i tifosi la sera andavano a letto con l’incubo della retrocessione, scampata poi solo nella finale playout, contro il Tolosa. I grandi meriti di questa rinascita vanno ad Antoine Kombouaré, l’allenatore, che è riuscito a risollevare una squadra sull’orlo del baratro sportivo, portandola fino all’Europa.
Antoine Kombouaré è stato il primo allenatore dell’era Qatar del Paris Saint-Germain. Nell’estate del 2011, quando il PSG cambiò dimensione con l’avvento di Al-Khelaifi, c’era proprio lui in panchina (era al club dal 2009). Inizialmente fu confermato (“Fu una sorpresa, ero convinto che mi avrebbero cacciato”, raccontò), poi fu esonerato a dicembre nonostante il primato in classifica e i tre punti di vantaggio dalla seconda. Al suo posto arrivò Carlo Ancelotti, ma il titolo lo vinse il Montpellier. E pensare che dalle parti di Parigi, dieci anni dopo e dopo aver avuto allenatori come Tuchel, Emery, Blanc, c’è chi ha ancora nostalgia di lui, “l’ultimo vero nostro coach“, come scrive qualche tifoso nella twittosfera parigina.
Non l’ha mai digerito quell’esonero, Kombouaré. “Lo sapevo da mesi che mi avrebbero fatto fuori. Sono all’inizio del progetto e con uno come Ancelotti sarà più facile attirare giocatori come Kakà o Tevez, ma io non mi sento inferiore a lui”, raccontava a Le Parisien poche settimane dopo la sua partenza. “Avrei voluto avere la possibilità di portare a termine la stagione per vedere dove sarei arrivato”. E quel ‘se’ rappresenta la vera sliding-door della sua carriera. Era finito su un treno in cui avrebbe potuto fare il salto di qualità, portando in alto il PSG, facendosi notare per la prima volta davanti al grande pubblico. E ci stava pure riuscendo, visto che era in testa alla classifica, perfettamente in linea con gli obiettivi del club. Ma da quella separazione è cambiato tutto. Anziché grandi club, Kombouaré ha allenato Al-Hilal, Lens, Guingamp, Digione, Tolosa, con tutto il rispetto. E infine, il Nantes (club di cui aveva difeso i colori anche da giocatore, negli anni Ottanta), che ha portato fino in Europa grazie alla vittoria della Coppa di Francia. Culmine di una rinascita sportiva che da quelle parti sembrava ormai insperata.
Ma i meriti di Kombouaré non si limitano solo al campo. L’allenatore del Nantes è riuscito a riunire una piazza, sempre in forte protesta contro il patron Kita ma ora più che mai coesa con la squadra dopo annate difficili e tormentate, e che ha appena iniziato a fare festa per essere tornata ad alzare un trofeo. Kombouaré è questo: uno che lascia il segno e resta nel cuore della gente. Anche se non ha mai portato un Kakà o un Tevez.
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