Gli ululati subiti sabato da Mike Maignan nel corso di Udinese-Milan da parte di alcuni tifosi locali hanno riportato in auge in Italia il tema relativo al razzismo negli stadi. Nel 2013, di offese razziste fu vittima Kevin-Prince Boateng, che si tolse la maglia e uscì dal campo in Pro Patria-Milan. Al Corriere della Sera, l’ex calciatore ha detto la sua riguardo al razzismo nel calcio, affrontando anche un altro tema importante quale la religione.
“Razzismo sugli spalti? Serve la sconfitta a tavolino”
Dal gennaio del 2013 al gennaio del 2024, ancora in Italia si è costretti ad assistere a ululati, grida e offese di stampo razzista. “Sembra che in undici anni non sia stato fatto un passo in direzione della lotta al razzismo. E’ una vergogna” dichiara Boateng. L’ex giocatore ha commentato anche le disposizioni del giudice sportivo, che ha optato per la chiusura per un turno dello stadio. “Uno scherzo… non è una sanzione che spaventa il pubblico razzista”. L’Udinese, invece, ha bandito a vita l’elemento, il quale è stato denunciato e ha ricevuto il daspo di cinque anni: “Non basta, ma l’esclusione a vita decisa dal club è stato un gesto eclatante: il prossimo club coinvolto dovrà essere ancora più severo. Per scoraggiare certi atteggiamenti a mio avviso si dovrebbe infliggere la sconfitta per 3-0 a tavolino“
“Per vincere la battaglia abbiamo bisogno che tutti alzino la voce: anche i bianci, gli asiatici, gli arabi”. Asserisce Boateng, che attualmente al lavoro con il presidente della FIFA Infantino per aiutare i giocatori nel risolvere i problemi mentali come la depressione e la sofferenza causata da episodi razzisti. Parte della colpa è attribuita anche ai social network: “Sono il terreno dell’odio. Non capisco perché chi gestisce queste piattaforme non prenda provvedimenti adeguati“. Di depressione ha sofferto lo stesso ex giocatore, che ha raccontato: “Non conosco un giocatore che non abbia avuto problemi mentali. Io ci sono passato, sono stato un mese a letto, senza mangiare e senza fare la doccia. Ero forte e ricco ma tornavo a casa piangendo perché non ero felice“.