Dal documentario “Pafos, risvegliare la passione di un’isola”: la nostra intervista al calciatore svedese.
Ciò che resta impresso di Ken Sema è il sorriso. Un segno esteriore della sua serenità e del suo coraggio.
Il coraggio di essere sé stessi anche di fronte a quello che per altri potrebbe essere un ostacolo. E invece per Ken è “un superpotere“.
“Io ho la balbuzie, ma comunque riesco a parlare in pubblico, gioco a calcio; se faccio una brutta partita, la gente mi criticherà, se invece gioco bene, mi apprezzerà“.
Il suo messaggio è chiaro: “Non è un problema essere sé stessi, basta solo essere felici, perché al giorno d’oggi c’è così tanta negatività e ognuno di noi dovrebbe trovare la sua strada in modo positivo“.
A Cipro, a 32 anni, l’ex Udinese e Watford ha scoperto a Cipro l’emozione della Champions League: “Giocare a calcio è speciale anche perché non sai mai dove il percorso ti porterà. Vengo dalla Svezia, ho giocato in campionati minori, poi in Premier League e in Serie A. Quindi magari pensi che giocherai la Champions ma in queste squadre“. Eppure farlo col Pafos è speciale: “È una squadra importante per tante persone in città e nelle vicinanze, ma anche per il paese intero“.
Abituato al clima della Svezia e dell’Inghilterra, Sema scherza sulle temperature miti: “Qui fa caldo, quindi si sta bene. C’è la famiglia, i miei due bambini e mia moglie, per me è perfetto ed è anche un luogo molto sicuro“. L’esterno sinistro è arrivato a Cipro quest’anno, al termine di un’esperienza di 6 anni complessivi al Watford: “Il Pafos è una novità per molte persone. Al momento stiamo facendo cose straordinarie. È una storia da underdog: una squadra piccola che se la gioca contro le grandi. Abbiamo vinto la partita contro il Villarreal… È una storia da underdog, ma è una bella storia“.
Il viaggio di Ken ha come prima tappa la Svezia. Tappa che per i suoi genitori è stata però una destinazione: “I miei genitori si sono trasferiti dal Congo per dare ai loro figli un’esistenza migliore. Vengo da una famiglia di quattro fratelli. Io sono il più piccolo. Ho un fratello che gioca anche lui a calcio, e quindi per me è sempre stato un riferimento, ha cinque anni più di me. Ma al tempo stesso nella mia famiglia chiunque ha giocato a calcio o conosce il calcio. Mio padre è stato molto risoluto, mi ha incoraggiato tanto, ma amorevolmente, perché io diventassi la migliore versione di me stesso. Penso di aver preso dai miei genitori questo spirito combattivo, perché loro si sono spostati dall’Africa all’Europa per avere un’occasione nella vita, ed è andata bene“.
C’è una data che resta impressa nella memoria di Ken: 22 febbraio 2018. Il piccolo Ostersunds gioca a Emirates contro l’Arsenal il ritorno dei sedicesimi di finale di Europa League. L’andata è finita 3-0 per i Gunners, gli svedesi non hanno niente da perdere. Sema segna il bellissimo gol del 2-0 momentaneo. Finirà 2-1, ma sarà una svolta per la carriera di Sema: “In quel momento è stata felicità pura. Fare qualcosa del genere, in quello scenario, con tantissimi occhi addosso… anche il modo in cui ho segnato, è stato tutto perfetto, come in un sogno. E dopo quella partita, mi sono trasferito in Inghilterra, in Premier League. Non so dire se sia stato per merito del gol, ma penso che il gol abbia sicuramente aiutato“.
Dopo la prima stagione al Watford, la 2018-2019, il prestito all’Udinese: “La prima immagine che mi viene in mente sono le persone, che hanno grande passione per il calcio. In Italia chiunque ama il calcio: anziani, giovani, ragazze, ragazzi, tutti. È come se ci fosse una cultura particolare. Puoi anche non avere da mangiare, ma andrai a vedere la partita: e questo dà sensazioni straordinarie“. Un’avventura che si è chiusa troppo presto: “A essere onesto, sarei voluto rimanere. Ero in prestito dal Watford e volevo restare. E c’erano dei dialoghi in corso per la mia permanenza. Ma il fatto è che quando un calciatore è in prestito, non ha così tanto potere decisionale. Esprimi la tua volontà ma questa può non coincidere con quella del club proprietario del cartellino. Quelli erano i mesi del Covid, è stato un po’ difficile perché non si sapeva cosa sarebbe successo“.
Al Watford, Ken vivrà uno dei momenti più assurdi della sua vita. Dopo una doppietta, nel 2023, rilascia a Sky Sports un’intervista che in poco tempo farà il giro del web: “È stato tutto molto grande, perché a essere onesto vivo questa condizione (la balbuzie, ndr) da molto tempo, da quando ero giovane, ma è una cosa che va e viene: non ce l’ho tutti i giorni, non ce l’ho in ogni momento. Ovviamente ho fatto tante interviste in passato, in svedese, in inglese, e non c’era mai stata tutta questa attenzione, poi all’improvviso dopo quella partita… Avevo giocato molto bene, avevo segnato due gol ed ero stato premiato come “man of the match”, avevamo vinto 3-2. Era stata una bella gara. E quindi ho fatto questa intervista a Sky, che sul momento per me non è stata niente di speciale, nella mia testa”.
Ma poi… “sono arrivato a casa e ho capito la situazione. Ho pensato: “Ok, ho fatto una bella partita, ma cosa sta succedendo?”, perché il mio telefono stava esplodendo, una follia, e dopo un po’ ho capito quanto sia importante per così tante persone. Per me è normale, non è qualcosa da dover nascondere o di cui aver paura, è semplicemente come sono fatto io“.
L’intervista comincia a circolare sui social, ne parlano anche negli USA: “Dopo quella volta ho ricevuto così tanto affetto ed è folle, perché in questo mondo è così semplice essere cattivi. È molto facile scrivere un commento negativo e fare sentire gli altri inferiori o meno di quello che sono. Credo sia stato importante per i bambini che sognano anche loro di diventare calciatori, per i genitori che hanno figli balbuzienti, per altri adulti che vivono questa condizione e non riescono a esprimersi davanti a una telecamera: vedere me forse ha trasmesso forza d’animo a queste persone. Quindi quello che è successo mi ha reso molto felice, perché non ho cercato nulla di quello che poi ho ottenuto, è arrivato da solo. Penso che sia stato tutto molto vero“.
Ken lo racconta col sorriso sulle labbra: “Nessuno si è mai preso gioco di me anche perché l’ho sempre vissuta serenamente. Non sono mai stato un bullo a mia volta, sono sempre stato bene con gli altri, amichevole come lo sono ora. Credo che alcune persone siano semplicemente fatte in un certo modo, io non ho mai avuto paura di prendere la parola in pubblico. E penso che forse questo mi abbia reso più sicuro di me“.
Il presente e il futuro di Ken si chiama Pafos: “Vorrei continuare così, penso che sarebbe molto speciale se vincessimo di nuovo il campionato, per la seconda stagione di fila. E spero di poter giocare di nuovo la Champions League, darebbe continuità e ci permetterebbe di far conoscere questo club“.
Ma se pensa al passato, lo fa con orgoglio: “Il giorno più bello della mia carriera è stato quello della firma col Watford. È stato un grande momento perché ho sempre lavorato tanto, nella mia vita sono successe molte cose, e riuscire a firmare quel contratto mi faceva percepire che tutto il lavoro che avevo fatto alla fine aveva dato i suoi frutti. Per me significava molto: significava vivere per davvero il mio sogno più grande. Guardarmi allo specchio, parlare con il piccolo Ken di 12 anni, dirgli che ce l’avevo fatta, è qualcosa di grande“.
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