Primo calciatore nato nel 2000 a segnare in uno dei top 5 campionati in Europa. Roba da record e da brividi, per una storia riscritta 24 ore più tardi da Pellegri (in gol in Roma-Genoa per la prima volta in A con un anno in più) in un contorno familiare che, di banale, ha davvero ben poco. Moise Kean è al centro di una di quelle vicende che vedono il destino protagonista indiscusso, soprattutto nel vissuto di mamma Isabelle e del fratello Giovanni che, intervistati da “La Gazzetta dello Sport”, hanno voluto raccontare tutti i segreti del giovane talento della Juventus, ora quantomai in rampa di lancio. Partendo subito dalla (ancora) piccola bacheca dei trofei in cui, ideologicamente e in maniera immaginaria, figura anche il colpo di testa capace di decidere la sfida di Bologna, insieme alle medaglie dello scudetto e della Coppa Italia vinte. “Ma non sono tutte di Mosé (versione italiana di Moise), ci sono anche le coppe di Giovanni – sfidato continuamente in uno contro uno grazie alle porticine messe nel giardino di casa – meglio fuori che in salotto: mi tocca ancora minacciarli con la ciabatta per evitare che mi stacchino i quadri con il pallone”.
Nata in Costa d’Avorio e fuggita dalla guerra, pronta a crescere due figli da piccoli in solitudine, Isabelle non è riuscita a vivere live il momento del primo gol in A del figlio, impegnata in un incontro di congregazione cristiana: “Giovanni era allo stadio e mi ha chiamato subito. Ho urlato di gioia, tutti hanno capito ed è partito l’applauso”. “Ero indeciso se andare o no a Bologna ma un mio amico mi ha convinto: aveva ragione – aggiunge Giovanni – Moise l’aveva predetto a me e Lemina: “Se gioco un quarto d’ora segno, se faccio tutta la partita sarà doppietta”. Non è spacconeria, lui prende tutto con leggerezza. Forse ancora non si rende conto di ciò che ha fatto. Ha sempre avuto un fiuto pazzesco per il gol: su dieci palloni otto li butta dentro”.
Dopo tre anni vissuti con la maglia del Torino, Kean è passato alla Juventus, per una scelta inizialmente non particolarmente apprezzata da mamma: “All’inizio ero contraria. Il Toro era più comodo, c’erano tanti bambini di Asti che giocavano con lui. A Moise però è bastata una visita alle strutture di Vinovo per innamorarsi della nuova società. E’ sempre stato un ragazzino molto vivace, adesso però si è calmato parecchio. Ringrazio la società per tutto ciò che ha fatto per noi. Dietro il percorso straordinario di Mosé c’è Dio. Io e i miei figli preghiamo spesso insieme. Siamo molto religiosi. Raiola (suo procuratore, ndr) un paio d’anni fa è venuto a trovarmi e mi è piaciuto subito. E’ molto umano. Sono sicura che farà il meglio per Moise”. Uno che come spesso accade ai più talentuosi e coraggiosi, ha iniziato giocando contro ragazzi più grandi, all’oratorio Don Bosco: “Voleva sempre stare con loro — ricorda Giovanni —, così ha imparato a prendersi i calci. Moise è il tipo che alza sempre l’asticella, non si accontenta mai”. Confrontandosi ora con i big della Serie A, segnando gol da record ed intenzionato, ora più che mai, a non fermarsi più.
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