La sconfitta, alla fine, è ininfluente. Pesa, perché con cinque partite perse su sei in Champions League questa Juventus dovrà comunque fare i conti.
Ma se il Benfica regala comunque alla squadra di Allegri la possibilità di correggere la rotta in Europa League (le combinazioni), per l’allenatore la notizia più bella resta il ritorno di Federico Chiesa. Atteso, acclamato, indispensabile. Venti minuti esatti in campo per l’ex Fiorentina che, si vede, ha voglia di farsi subito notare.
L’accoglienza è bellissima. Tutto lo stadio in piedi, quando vede che si sta togliendo la pettorina per entrare in campo. Poi, lo speaker annuncia il suo ingresso, e i tifosi esultano quasi come se fosse un gol. Quello che segna Bonucci, ma che non basta di fronte a un Psg che con Mbappé e Mendes segna facendo sembrare facili due reti bellissime. Finisce 2-1, con Messi che si fa notare poco e con i francesi che di sicuro non spingono come avrebbero potuto o voluto. Ma l’ingresso di Chiesa, appunto, vale quasi una partita.
Gioca, corre, lotta, tenta subito un tiro di destro (fuori), è protagonista all’85’ di un potenziale episodio da rigore che non gli viene giustamente concesso. Ma, e la sostanza è questa, prova ad accendere una Juventus che ha bisogno del suo attaccante come il pane.
Rientrare contro il Paris è uno stimolo in più per ripartire dopo quello stop che dal 9 gennaio scorso (Roma-Juve) è diventato un vero e proprio calvario, lungo 297 giorni. Allegri dalla panchina lo incita, indica ai suoi giocatori di passargliela, per provare a mettere in difficoltà Hakimi.
La forma, è chiaro, è quella che è. Ma l’atteggiamento paga, e per questa Juve che deve ricostruire in corsa è già tanto. Il pubblico lo applaude. Lui, concentratissimo, pensa a giocare e saluta solo a fine partita, sotto la curva.
E quello scambio di maglia con Mbappé (7 con 7) ha quel sapore romantico che fa pensare che il leader sia tornato in campo per restare. Il periodo buio è alle spalle. Ora tocca a lui.
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