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Juventus, Buffon: “Futuro? Altre due stagioni, poi smetto. Mi piacerebbe diventare c.t.”

Uno scudetto da conquistare, un Europeo in cui è vietato deludere, un record storico da poco conquistato. E questo è solo il presente di Gigi Buffon, il numero uno della Juventus che però ha le idee ben chiare sul suo avvenire ed ha rivelato le sue intenzioni future in una lunga intervista alla rivista francese So Foot: “Ho un grande bagaglio di esperienza, ma non voglio allenare. Però mi piace il ruolo di selezionatore. Sono una persona ambiziosa, quando faccio qualcosa è sempre con l’idea di arrivare in alto. Senza questo smetterei di vivere. Andrei verso nazioni come gli Stati Uniti o la Cina: hanno un grande potenziale ed una grande popolazione. Come vorrei essere ricordato? Come una persona corretta e per bene, tutto qui”. Poi ecco la confessione: “Altre due stagioni prima di smettere, non voglio giocare dopo i 40. Vorrei arrivare a 40 anni così come sono adesso”, ha spiegato Buffon.

“Ho 38 anni e milioni di certezze – ha proseguito Buffon, al quale So Foot ha dedicato la copertina del numero 135 -, ma ho ancora paura quando gioco alcune partite. E quello che mi piace di più è proprio questo, sapere di essere spaventato ma anche di voler affrontare questa paura. E’ una sfida. Non si tratta di non avere timori. Si tratta di provare la paura, conoscerla e superarla”.

E Buffon chiuderà la carriera con quella maglia che tante soddisfazioni gli ha dato: “Anche se mi offrissero il doppio dello stipendio altrove io resto alla Juve. Farne parte mi rende davvero fiero. Ha un valore, certi valori, che oggi sembrano fuori moda. Oggi questo sport sembra essere dettato dalle logiche economiche, quelle che permetteranno al Norwich di giocare in Champions grazie allo sceicco di turno. E’ un bene per i loro tifosi, ma manca l’aspetto romantico, la tradizione, il frutto del lavoro di chi ti ha preceduto”.

Una carriera da numero uno, e non solo per la maglia che indossa, ma anche qualche momento di depressione che non ha nascosto di aver vissuto: “Avevo 25 o 26 anni, il ragazzo stava diventando uomo. Era il momento di lasciar perdere tutte le stronzate che si possono fare da giovani. E questo cambiamento da un’età all’altra mi ha fatto passare quello che ho passato. Ma l’ho superata senza prendere farmaci: non ho mai voluto essere dipendente da niente e da nessuno. Ho trovato da solo l’uscita, parlando anche con qualche amico”.

Tornando al calcio di oggi, Buffon prova a spiegare come è cambiato rispetto a quando lui dava i primi calci al pallone: “Ai miei tempi di giocava all’oratorio, oggi invece i ragazzi stanno davanti al computer, all’iPad… Così fantasia e ispirazione vengono anestetizzate”. Ha giocato insieme a tanti campioni, e altrettanti ne ha affrontati: “Neuer? Quello che fa lo facevo già io ai tempi del Parma di Malesani con cui vincemmo la Coppa Uefa, Coppa e Supercoppa. Da sempre ho avuto la predisposizione al gioco coi piedi. La vera novità poi l’ha introdotta il Barcellona una decina di anni fa, integrando e coinvolgendo il portiere nella costruzione del gioco. Qui da noi, se fai un errore e cento parate, il resto della settimana si parlerà solo dell’errore, facendoti impazzire. All’estero invece puoi sbagliare e crescere tranquillo. Da noi – ne è sicuro Buffon – se sbagli sei fregato. Chi resta ai vertici da noi è molto forte, anche psicologicamente”.

Redazione

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