La storia è in una foto. Anche in una didascalia: “Inseparabili”. Un bambino con la maglia da gioco della Juventus, un padre con la tuta. Miralem Pjanic posta questo su Instagram, un giorno prima di giocare contro il Bologna. È la storia di un legame bellissimo con il figlio Edin, che sostiene passo dopo passo. Ma è ancora più bello se la si pensa come metafora di un legame, tutto calcistico, che è nato in questi mesi: lui con la maglia da gioco; il suo padre-allenatore con la tuta.
Non puoi non sperarci, non puoi non contarci. Speri che Miralem non ti tradisca nemmeno questa volta; sai che, ormai, il centrocampo è praticamente tutto suo. Sembra la storia di una rinascita, è invece quella di un’unione. Inseparabile, quasi. Perché Pjanic è la nuova creatura di Sarri, quel giocatore che, da buonissimo, diventa emblema di un cambiamento. “Per me può arrivare a fare 150 tocchi in partita”, aveva detto il suo allenatore sotto il sole di giugno. Non ci è andato così lontano.
Contro il Bologna di passaggi ne ha fatti 68, realizzati 60 (89% di precisione…) e segnato una rete da tre punti. “Quasi come a basket”, commenta lui sempre sui social a fine partita. Mostruoso, ironico, artista. C’è tutto in 90’, dove per ogni sua mossa c’è un applauso dell’Allianz che gli dice: “Vai, continua così”. C’è tutto, anzi, in questi mesi. Sta vivendo delle settimane da protagonista, Miralem. Lo sa e non si nasconde: “Voglio vincere la Champions, magari quest’anno” commenta. E intanto segna anche in Nazionale un gran gol (qui il video). Sta bene. A fine partita dichiara: “Giochiamo bene, tutta la squadra si diverte”. Lui più di tutti, forse.
La storia è tutta in una foto e, aggiungiamo, anche in un’esultanza: dito in bocca per il figlio. Sono inseparabili. Come la Juve e questo nuovo, bellissimo, Pjanic.
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