Un duro, ma con dei sani principi morali. Ivan Juric continua la sua scalata e dopo aver stupito a Crotone si sta confermando a Genova: per lui adesso si parla addirittura dell‘Atletico. Ma lui mette subito in chiaro le cose: è ossessionato dal Genoa. E dire che all’inizio non era amato.
“Poi segnai alla Juve e non fu un gol qualsiasi. Unico: con la maglia del Genoa quello e basta” – si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport – “Imprevisto: non so cosa ci facessi lì, così vicino alla porta. Importante: i tifosi non mi avevano accettato bene, mi diede credibilità. Il 3-1 di due settimane fa di più? Abbiamo dimostrato che hanno un sacco di risorse ma sono battibili. Come? Rischiando: prendendoli alti, tutti avanti con momenti di aggressione totale. Ma anche gestendo: dopo averli castigati. Io comunque ad agosto non ho mai pensato, come tanti, che la Juve avesse già vinto lo scudetto. Anzi, visto come giocano Roma e Napoli, non sono così sicuro che lo vinca”. Poca tecnica? “E’ una cosa di famiglia, è proprio un modo di camminare: come mio nonno, mio padre, li ha anche mia figlia… Così storti nessuno di quelli che ho allenato, ma si può giocare a calcio anche così: in compenso calciavo molto bene d’esterno. Era un’altra la cosa che non sopportavo di me: non sapevo colpire di destro. Totalmente negato, sì”.
Atletico? Se il Cholo sta bene a Madrid, Juric sta bene a Genova: “Ho parlato col Cholo solo una volta, era venuto a trovare il figlio,ma ricordo bene come giocava. Ecco, Giovanni ha il suo gusto della sfida, la stessa voglia di vincere. Lavora come un matto, per vincere: non so quale potrà essere il suo massimo ma so che ci arriverà, sicuro. E poi ha un talento particolare dentro l’area: stiamo facendo un gran lavoro sulla gestione della palla, ma nel suo secondo gol alla Juve di mio non c’è nulla, è tutta roba sua. Io al posto di suo padre all’Atletico? Ho letto, ma… Io ero felice a Mantova, a Crotone, sono felice di poter fare qualcosa di bello per il Genoa. Però felice non rende l’idea: io sono ossessionato, dal Genoa”.
La “Bielsa Mania”: “Bielsa non è stato un modello: è stato una mania, un innamoramento. Una persona “prendere o lasciare”, onestà d’altri tempi: chiunque rispetto a lui è più calcolatore a livello umano, anch’io. Allenatore di un calcio impressionante, meraviglioso da vedere. La sua voglia di attaccare con tanti uomini è contagiosa, ma più di ogni altra cosa Bielsa è la sintesi dell’accettazione dell’uno contro uno. E io, come ho sempre odiato prendere gol, ho sempre amato l’uno contro uno. E’ il massimo della sfida: “Dai, chi è più forte?”. Una cosa quasi animalesca che diventa arte, se fai giocare male e non fai segnare anche chi è più forte di te”.
Juric, l’uomo dei vicoli: “L’altra sera sono andato in trattoria con la famiglia, ci siamo seduti su un tavolone,quelli grandi che dividi con altra gente, assieme a un gruppo di signori di 60-70 anni e ci siamo messi a discutere animatamente di referendum: due ore, e a fine cena mi sono sentito molto più ricco. Io i vicoli li conosco da sempre: li ho frequentati a Spalato nel Ghetto ma anche a Siviglia, è stato bello trovarli pure a Genova. Nei locali dei vicoli c’è la diversità, dunque la vita: giovani e vecchi, poveri e meno poveri, gente del posto e stranieri. Io nei vicoli mi sento a casa, in un ristorante di lusso mi sento scomodo: tutto qui”.
L’allenatore croato torna sull’esperienza nell‘Inter: “A Milano ho scoperto un mondo straricco che non conoscevo, abitato da calciatori che sono allo stesso tempo aziende, e però restano ragazzi semplici: puoi penetrare anche quei cuori con cose normali, affrontandoli da uomini “normali”. All’Inter ho capito che in un nuovo mondo non bisogna mai entrare deboli: altrimenti sei delegittimato presto, e i giocatori certe cose le percepiscono al volo. Ma di quei due mesi all’Inter ho un ricordo più netto degli altri: parlavano tutti di Mourinho. Era evidente: da lì era passato un capo. Auguro a Pioli di diventarlo presto. Ha tutto per riuscirci: è solido, onesto, uno dei pochi ai quali chiederei e ho chiesto informazioni su dei giocatori. Glielo auguro perché l’Inter non ha niente di meno della Juve: è meno tosta, ma ha più talento. Dunque va affrontata facendo un po’ più di possesso palla: il “mordi e fuggi” con loro non credo possa bastare”.
In chiusura d’intervista Juric fa anche alcuni interessanti paralleli tra basket e calcio: “A Spalato il basket vale il calcio: sono cresciuto vedendo partite, e più che segreti ho rubato idee. La punta centrale come il pivot: attira uomini e libera spazi per gli altri. L’uno contro uno: come allenare posizione e rapidità dei piedi. Il concetto di mismatch: attaccare le debolezze avversarie con le caratteristiche di un giocatore. E poi gli allenatori. Phil Jackson: un conquistatore di uomini, anche se è più facile curare anime con meno giocatori in rosa. Ettore Messina: mi conquistò con una relazione a Coverciano, zero compromessi, vincente in ogni parola. Bozidar Maljkovic: come essere sergente di ferro e farsi adorare. Da serbo, anche dai croati”.
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