Un anno fa il ritiro. Troppi gli infortuni al ginocchio e la paura di diventare invalido. Josè Enrique, ex centrocampista di Newcastle e Liverpool, ha continuato a lavorare nel mondo del calcio insieme a suo fratello dopo l’ultimo anno a Saragozza. Poi, però ha dovuto fare i conti con qualcosa di ancora più grave: “Eravamo con Chris Hughton, mio vecchio allenatore del Newcastle e ora al Brighton. Quella sera, una volta in albergo, ho cominciato ad avvertire un gran mal di testa – ha raccontato Josè in esclusiva a Marca – pensavo fossero emicranie, ho sofferto tutta la notte. Poi la mattina mi alzo ed è tutto sfocato, vedo doppio. Sono andato al pronto soccorso, mi hanno fatto una TAC. Una vena della testa era crollata e mi hanno inviato d’urgenza al St. George’s di Londra, specializzato in neurologia”.
Lì passa due notti, nessuno capisce cosa abbia. Poi la verità: “Mi dicono che si tratta di un cordoma, un tumore raro e situato in una zona difficile della testa. Si trovava sotto l’occhio”. Josè decide di operarsi a Valencia, vicino ai propri cari: “Perché puoi riempire Anfield con 55.000 persone sugli spalti, ma la cosa più importante è essere circondati da brave persone e sapere come godersi la vita in ogni momento”. L’operazione dura nove ore, dalle nove del mattino alle sei di sera: “Sono stato a letto per cinque giorni senza potermi muovere, i peggiori della mia vita. Non riesco a sollevare pesi, non posso piegarmi, ho il letto adatto per dormire in una posizione a 30 gradi in modo da non aumentare la pressione sanguigna della testa”. Il 26 luglio sosterrà un’altra visita, poi inizierà la radioterapia a Zurigo. Ci starà per un mese e mezzo, lì oppure a Parigi, dove ci sono gli strumenti più adatti: “Ho rischiato di rimanere cieco, poi ho riacquistato la vista e anche i medici sono rimasti sorpresi”
Un ringraziamento a tutti, dai dottori: “Che hanno fatto un lavoro eccezionale” alla famiglia e alla fidanzata: “Che mi hanno aiutato anche a camminare dopo l’operazione. Ho perso circa sei chili in una settimana”. Una convinzione: “Tutto questo rende il valore della vita più forte. Noi calciatori viviamo in una bolla, crediamo di essere invincibili. Ma non è così”. Josè ha anche ricevuto il sostegno e l’affetto di colleghi e calciatori che sono ora impegnati in Russia. Coutinho, Luis Suarez, Keylor Navas, Reina, Dybala e Fazio gli hanno manifestato la loro vicinanza attraverso i social, ringraziando anche i medici per l’aiuto offerto al loro amico.
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