Stefano Sensi è diventato grande con un gol di testa. Alla faccia del destino. Non era troppo basso? Un metro e sessantotto di sogni che si possono realizzare, l’ultimo è una rete con la maglia dell’Italia incollata sulla pelle. “Nel 2006, al gol di Grosso, sono esploso di gioia”, ricorda Stefano.
Ora è lui a far gridare il suo ct Roberto Mancini, bravissimo a crederci oggi, ancora più bravo se si considera che era andato a studiarlo da vicino già nel 2015 quando giocava a Cesena. Lo avrebbe voluto portare all’Inter, se l’è portato in Nazionale. Ma non è certo un gol che fa la differenza, c’è ben altro: temperamento, qualità, visione e tantissimi passaggi riusciti.
A proposito: Stefano Sensi – dei centrocampisti con +20 partite all’attivo – è il secondo per precisione nei passaggi (90,51) di tutta la Serie A dietro solo a Miralem Pjanic (92,33) secondo dati Opta. Non è un caso che il suo idolo sia Xavi. La curiosità sta nel ruolo perché Stefano, da giovanissimo, avrebbe voluto fare il portiere. Da regista o mezz’ala rende decisamente meglio.
Nel 2014 giocava in Lega Pro, al Rimini; e in Lega Pro poteva restarci anche l’anno dopo perché il Cesena si era riservato il diritto di valutarlo per bene durante il ritiro estivo. “Dopo tre giorni di lavoro venne a parlarmi Massimo Drago, voleva tenermi, gli piaceva la mia fame” rivelò Stefano. Voglia, grinta e ambizione lo stanno portando lontano: quando ha indossato la maglia della Nazionale maggiore Sensi ha dimostrato di poterci stare eccome.
Un piccoletto che tra i grandi fa il grande, con un futuro tutto da scrivere. Il Sassuolo chiede 25 milioni per il suo regista ma le piste, anche estere e importanti, ci sono. Se poi fa pure gol di testa…
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