"Ronaldo, Icardi, la mia Inter". Zamorano: "Il calcio, la mia vita"
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Data: 01/08/2019 -

"Ronaldo, Icardi, la mia Inter". Zamorano: "Il calcio, la mia vita"

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Per un anno, in stanza con Zamorano, c’era El Cholo Simeone: “Parlava ogni giorno di calcio, si capiva che da grande avrebbe fatto l’allenatore. Anzi, si capiva pure il modo in cui lo avrebbe fatto. Guardi l’Atletico oggi e pensi che... cazzo, quella è proprio la squadra del Cholo. Ha preso il colchoneros in un momento pazzesco per Barcellona e Real Madrid, erano fortissime. Eppure, oggi l’Atletico è lì, a giocarsela con tutti. Ed è tutto frutto del lavoro di Diego”.

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Ieri in campo insieme, oggi ancora nel mondo del pallone. Simeone è diventato un grandissimo allenatore, Zamorano invece fa il procuratore sportivo. Il compito di far gol e trascinare l’Inter adesso spetta – o meglio, è spettato – a due sudamericani: Mauro Icardi e Lautaro Martinez. La stima di Ivan nei confronti del Toro è come una benedizione: “Ho tanta fiducia in lui, con Conte può crescere ancora tanto. Se sta bene mentalmente e fisicamente, può diventare il grande attaccante che all’Inter serve in questo momento. I numeri 9 hanno bisogno di continuità e a Lautaro nell’ultimo anno è mancata. Dall’altro lato, però, Conte è bravo nel valorizzare i giovani e sicuramente anche Martinez ne beneficerà”.
 
Caso-Icardi? Nei grandi club, arriva sempre il momento di prendere una decisione, anche difficile, per far crescere la squadra. Con Icardi si è giunti a una determinata decisione perché, da quel che ho capito, lo spogliatoio era d’accordo nell’allontanarlo, la dirigenza pure, così come lo staff tecnico. Solo chi lavora ogni giorno per l’Inter sa quanto questa scelta fosse necessaria: i giocatori passano, il club rimane. E’ questo il motivo per cui il bene della squadra deve essere messo davanti a ogni cosa”.


 
Parla dell’Inter e gli si illuminano gli occhi, vive ancora il nerazzurro come ai tempi in cui lo indossava per scendere in campo. La parentesi a Milano è stata la più dolce della sua carriera: “Se potessi tornare indietro? No, credetemi: lascerei tutto cosi com’è. Mi sarebbe piaciuto vincere un po’ di più ma quando giochi a calcio ci sono anche degli avversari che lavorano per i tuoi stessi obiettivi, è da mettere in conto la possibilità di fallire. Non ho nessun rammarico. Da bambino, sognavo di fare il calciatore e di dimostrare alla gente l’amore che provavo nel rincorrere un pallone. Ho lottato per i miei compagni, per i club che mi avevano comprato. Ed era tutto ciò di cui avevo veramente bisogno”.

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Cuore, grinta e passione. A 52 anni come quando era in campo, con il lampadario dentro casa come su quel calcio d’angolo al Bernabeu. Antitesi di un calcio sempre più social e meno sentimentale, simbolo di una generazione che ha riempito il cuore di tutti i tifosi. Dell’Inter, sì, ma non solo.

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