Tanti mesi ai box, poi a febbraio il ritorno dall'infortunio. Certo, dall'inizio della stagione senza giocare, quanto è stata dura per Jeremy Menez. "Il periodo peggiore della mia carriera" assicura l'attaccante del Milan, che ha rilasciato un'intervista ai microfoni de L'Equipe: "Ho vissuto un infortunio simile a quello avuto al PSG qualche anno fa. Lì durò due mesi e subito tornai a giocare, ma comunque stavolta, nella mia testa, sapevo cosa mi attendeva, dunque ho deciso di farmi operare per essere pronto alla ripresa. Il problema è che quando ho ricominciato ad allenarmi non tutto è andato per il meglio. Abbiamo poi scoperto che si trattava di una infezione. Non è stato facile, soprattutto perché non sapevo cosa avevo esattamente e non vedevo vie d'uscita. Poi, scoperta l'infezione, anche se un po' tardi ho provato sollievo. Oggi sto meglio, anche se ho ancora apprensione. Ci vorrà ancora tempo per tornare al top".
"Rinnovo? Vedremo. Per ora sto bene qui. Bisognerà - ha proseguito il francese - mettersi intorno ad un tavolino e parlarne con i dirigenti del Milan. C'è stato qualche contatto con dei club cinesi, ma ho preferito finire la stagione al Milan e vedere poi. Parlo con franchezza: ho la fortuna di fare un mestiere bellissimo, di aver giocato in grandi club, ma non tutti nasciamo con l'oro in bocca, dunque quando vedi una proposta come quelle dei club cinese è ovvio che ci si riflette, è umano. Il fatto che i giornali italiani mi annunciassero sul piede di partenza l'estate scorsa? Avevo parlato con Galliani, mi aveva detto che non sarei andato via, non ne voleva proprio sentire parlare. Le critiche? A me non piace l'ingiustizia. In Italia dimenticano che ho segnato 16 gol l'anno scorso. I giornalisti italiani dicono che gioco da solo, che non difendo. C'è sempre qualcosa. Ma non sono perfetto (sorride)".
Les Bleus di Deschamps, però, non vedono Jeremy dal 2012. Fine della carriera in Nazionale? Assolutamente no per lui: "Ho appena vent'otto anni, quindi non è impossibile un mio ritorno. Certo, adesso questo non può essere considerato un motore della mia carriera, non come quando venivo convocato regolarmente. Quando non vieni chiamato per diverso tempo finisci per non pensarci più. PSG? E' stata una esperienza positiva. Ho vinto dei titoli e mi sono divertito. Non bisogna dimenticare che è stato il nostro gruppo a dare la spinta decisiva per portare il PSG a diventare un super top club. E' la squadra del mio cuore, sono felice di poter dire un giorno di averci giocato".