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Data: 27/03/2016 -

Lo chiamavano 'Montellino' - Viaggio nell'Atletico Carrara, sulle orme di Bernardeschi

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Lo chiamavano Montellino, sì proprio come il Vincenzo che qualche anno dopo, ironia del destino, avrebbe avuto come allenatore a Firenze. Federico aveva circa sei anni, festeggiava con l'aeroplanino dopo ogni gol. Ed erano tanti da queste parti, giurano: e c'è da crederci. Quello era il soprannome che la signora Paola, più che una custode per l'Atletico Carrara, aveva dato ad un giovanissimo Bernardeschi. Una che andrebbe segnalata allo scouting di qualche grande club, perché senza paura scommise coi genitori del giovane Berna: "Arriverà in Serie A, se esordisce mi portate la sua maglia". Detto, fatto. Peccato poi che quella n.29 viola con dedica gliel'abbiano rubata pochi mesi fa.
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Federico Bernardeschi con la maglia dell'Atletico Carrara Capelli biondissimi nelle foto, quasi sempre in compagnia di un trofeo o del suo sinistro micidiale. "Decisivo", racconta Roberto Bruzzi, l'allenatore che per tre anni ha avuto il piacere di averlo in squadra. "Di quei talenti di cui ti rendi conto subito che sono di un altro livello", sottolinea. Intanto, sfogliamo foto e ricordi. Nell'album di Bernardeschi, ci sono maglie di tutti i colori: "usavamo quello che si trovava in lavanderia" confessa Fausto Bigarani, anche se tutti da queste parti lo chiamano “Dita”. “Quando le squadre più grandi perdevano qualche maglia e non avevano più una muta completa, le davamo ai piccoli”. Colore? Rossonere come il Milan... Carrara, una delle due società che fuse avevano dato vita all'Atletico. L'altra, il Perticata. Colore... nerazzurro. Neanche fosse un derby di Milano. A colpire più di tutte però è quella blaugrana, sì come il Barcellona che a questa scuola calcio nel cuore di Carrara è in qualche modo legato. Perché nell'estate 2014 Fabrizio Marselli (responsabile che, tra le altre cose, ha scritto anche un piccolo libro sul calcio da regalare ai piccoli calciatori, dedicando proprio un capitolo a Federico come esempio positivo) e altri due istruttori hanno partecipato al Campus Ufficiale Estivo del Barcellona a Marina di Massa e ora applicano quegli stessi esercizi ai loro ragazzi, una filosofia ispirata al Barça. FCBEscola, la chiamano. Federico come modello, il Barcellona come fonte di ispirazione. A ripensare a quella prima pagina del Mundo Deportivo c'è da avere i brividi. Bernardeschi fra i 'controlados', i giovani nel mirino del Barça. Da queste parti se lo augurano, non per una questione economica ma per puro orgoglio.
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Federico Bernardeschi con la maglia dell'Atletico Carrara C'è rimasto tre anni Bernardeschi all'Atletico Carrara, quanto è bastato per lasciare un ricordo indelebile. Che fosse un talento assoluto, si capiva. Basti pensare che, spesso, si allenava e giocava con bambini due o tre anni più grandi di lui. Che fosse un ragazzo speciale, invece, è stata una sorpresa. Non per sfiducia eh, sia chiaro, ma "perché non è facile". E di chi di ragazzi ne ha visti passare a migliaia c'è da fidarsi. "Gli volevano bene tutti, tutti i suoi compagni" mi racconta Giorgio Benedini, allora ds della squadra, mentre allunga una vecchia foto di gruppo. "Leggi dietro", giro la foto e.... quasi da lacrime: il saluto dei suoi amici quando ha lasciato Carrara. "Al nostro grande Fé", e poi tutte le firme: avevano già capito tutti che avrebbe fatto strada. Anche il "tvb" di una ragazza, chissà...
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  Era ancora il 2003, Federico Bernardeschi non aveva neppure dieci anni. Lasciò l'Atletico per andare al Ponzano, orbita Empoli. In azzurro infatti lavorarava Stefano Cappelletti, fu lui a notarlo per primo. E la Fiorentina? L'anno dopo, perché Cappelletti nel frattempo era passato in viola. Con Benedini, uno che da queste parti ha visto pure Buffon quando ancora neppure giocava in porta, la trattativa fu facile sì, difficile semmai fu convincere i genitori: mamma costretta a fare avanti e indietro con la macchina, partire alle 14, dopo la scuola, e tornare a casa alle 19/20, dopo l'allenamento. Non era facile, no. "Ma lui ci credeva, eccome: aveva voglia di arrivare" confessano tutti all'unisono. “Lo si capiva da tante piccole cose”, tipo che, come raccontano, quando ogni giorno tornava dal mare si fermava direttamente in questo campo sportivo poco distante da casa sua. Appena il tempo di togliersi le ciabatte e infilarsi gli scarpini, e poi via a rincorrere un pallone per calciarlo in rete. “Shevchenko, Shevchenko, Shevchenko…. Goooool! Sheva!” faceva la telecronaca delle sue azioni, urlava con il suo cuore di fede rossonera. E poi via, con l’aeroplanino. Montellino ne ha fatta di strada, oggi vola nella e con la Fiorentina di Sousa. “Guardalo, ha gli stessi occhi di allora. Io lo vedo a volte, ed ha sempre lo stesso scatto, la stessa rabbia, lo stesso sinistro” confessa con sorriso quasi paterno Benedini. Si mette in posa per una foto insieme agli altri protagonisti di questo viaggio, alle spalle una foto autografata da Bernardeschi. “I nuovi Berna?” chiedo a Michele Piccini, l’uomo che ci ha aperto le porte dell’Atletico Carrara, mentre passeggiamo per il campo durante gli allenamenti, circondati da bambini che palleggiano e provano ad imitare non Shevchenko, ma Bernardeschi.Speriamo”, sorride. E Federico? Aspettate la maglia da Barcellona? “Saremmo felici”, rispondono col cuore. “Andrà all’Europeo”, chiude il vecchio ds col cuore ancora innamorato. Di quel Montellino che qua faceva impazzire tutti, di quel Bernardeschi che, chissà, all’Atletico Carrara potrebbe un giorno portare qualcosa da Barcellona.
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Da sx: Il figlio di Fausto Bigarani, Giorgio Benedini (ex ds), Roberto Bruzzi (all. Bernardeschi), Michele Piccini (Atletico Carrara)    


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