Per un'ora Coverciano diventa il centro del mondo, calcistico si intende ovviamente. Quasi sessanta minuti di conferenza-fiume nella quale Antonio Conte risponde a viso aperto alle domande di tutti. "In inglese o in italiano?", scherza qualcuno. Lui ride, ma non troppo. Il suo futuro, e quello della Nazionale, sono il piatto principale di un pranzo mediatico che si consuma con calma. La sala stampa azzurra non era mai stata così piena, lo giurano anche i più esperti. Giornalisti e fotografi da tutto il mondo: inglesi, soprattutto. Perché il suo futuro è là, sponda Chelsea. Che "non è parola tabù" spiega il CT all'ennesima risposta a domande sul futuro che si susseguono quasi come doppioni. Telecamere e fotocamere sono lì, pronte a coglierne ogni minima smorfia. Ogni sfumatura: rughe sulla fronte, sguardi pensierosi, sorrisi. "Si è chiesto come mai tutta questa stampa inglese?" incalzano scherzando. "Sarà per studiare il nostro calcio", risponde il CT. Col suo ghigno, quello che nasconde una verità che ancora pubblica non può diventare. Però "il calcio inglese attrae ed è interessante. Per calciatori e... allenatori", eccolo qui allora il "mezzo passo falso" che fa trasparire il futuro in salsa blues. Con gli europei, però, sempre in primo piano.
Ci sono parole e concetti che tornano e ritornano nelle parole di Conte: trasparenza, chiarezza, orgoglio. Le prime due le ha messe davanti agli occhi di tutti comunicando a tre mesi dall'Europeo in Francia la sua volontà di lasciare l'azzurro dopo giugno. Tempismo criticato da alcuni, applaudito da altri: lui, spiega, voleva continuare a "poter guardare le persone negli occhi" e per questo ha messo la sincerità davanti a tutto. La Nazionale, che appunto è soprattutto orgoglio e per la quale continuerà a lavorare col sogno di regalare un Europeo difficile ad un Paese che sogna con poche speranze, stava diventando un "garage", come l'ha definito lui stesso, nel quale Conte, chiuso, non si sarebbe più sentito se stesso. Lì dentro, diventato nel frattempo "un'incudine su cui tutti battono", "l'odore del campo non arriva" e per questo, adesso, ha scelto che era il momento giusto per separarsi e tornare alla vita di club nonostante il cuore, soprattutto dopo "la qualificazione conquistata con un gruppo che mi ha sempre seguito", abbia sempre provato a fargli cambiare idea. Ogni volta in cui pronuncia la parola "Chelsea", la sala stampa si riempie dei click dei fotografi e il web fa rimbalzare le sue parole ovunque. Anche se è soprattutto "l'incubo di passare in futuro quattro mesi senza lavorare" come è successo quest'anno a mettergli paura. È il concetto più forte, che rimanda a quel "garage" che diventa immagine in evidenza del suo pensiero.
Dura quasi un'ora sì, ma potrebbe durarne anche due se non fosse per il fischio finale che arriva dall'ufficio stampa. Il campo, così amato, chiama. Lì Conte ritrova e abbraccia Tavecchio, "ci siamo salutati con la speranza di lasciarci da campioni" rivela il presidente. Il sole tramonta, e intanto il CT con la squadra viaggia verso la Galleria dell'Accademia di Firenze per la foto con la nuova divisa. Nella casa del David di Michelangelo, simbolo del piccolo che sconfigge il gigante e, chissà, magari metafora di una Nazionale che proverà a sorprendere, a "ridurre il gap con le grandi Spagna e Germania grazie alla forza del gruppo". Parola di Conte, che a chi gli chiede se gli Azzurri potrebbero sentirsi spaesati se guidati da un generale che ha già scritto il proprio futuro risponde: "Generale o lo si è sempre o non lo si è mai". E quel garage chiamato Coverciano, per un giorno e col suo generale sotto i riflettori, torna il centro del mondo.