L’indizio era stato già lanciato: “Vargas? Arrivò nel momento sbagliato, ma le sue qualità non sono mai state messe in discussione”. Fu questo il commento di Riccardo Bigon, ex direttore sportivo del Napoli, all’indomani del poker dell’attaccante cileno contro il Messico in Copa America. Fu lui a portarlo in azzurro a gennaio del 2012. Spese circa 11 milioni di euro per strapparlo alla folta concorrenza, regalandolo a Mazzarri a campionato in corso. Ora, dopo averne giustificato il fallimento in Italia, l’attuale ds del Bologna ci riprova. Edu Vargas in Serie A, perché no? Una seconda chance è concessa a tutti, figurarsi ad un calciatore ambiguo, che fa parlar di sé per la netta differenza di rendimento in Nazionale e nelle squadre di club.
FENOMENO - Esistono due giocatori differenti racchiusi in un solo corpo. Due storie diverse da raccontare, due profili agli antipodi che ne descrivono le qualità, le gesta, il valore reale. Qual è quello di Eduardo Vargas? Dopo il clamoroso 7-0 del Cile contro il Messico s’è ripresentato l’ennesimo dilemma sul “fenomeno” Vargas, inteso come storia di un calciatore di anni 26 che in Italia ha fallito senza attenuanti ed altrove pure, tranne che in Nazionale. Quando veste la maglia della Roja, Vargas si trasforma. È un altro giocatore. In patria lo descrivevano come attaccante rapido con spiccato senso del gol. Non si erano sbagliati. Ma avevano dimenticato un dettaglio: rapido con spiccato senso del gol lo è solo quando gioca per il Cile.
NUMERI – È da lì che si parte, dalle cifre sorprendenti che acuiscono i dubbi sul reale valore di Edu Vargas, uno che in nazionale - con la quale ha appena conquistato la finale di Copa America - ha segnato 31 gol in 59 partite (più di uno ogni due gare) e a Napoli, in 28 presenze, appena tre, tutte insieme, in un giovedì di particolare follia che ingannò i tifosi e rasserenò l’umore della società. La tripletta in Europa League contro l’AIK Stoccolma fu l’unica notte che incoronò Vargas quale eroe azzurro. Una piacevole illusione, la certezza poi svanita d’averci visto giusto, di aver fatto conoscere al calcio italiano l’ennesimo talento sudamericano destinato a far parlar di sé nel tempo.
TURBOMAN - Di Vargas s’è parlato eccome, ma mai per i più banali motivi legati al suo rendimento. Elementare il perché: non ha mai convinto. In nessun campionato. In nessuna squadra. Né al Gremio, né al Valencia, né al QPR, né adesso all’Hoffenheim, la società che in estate ha deciso di puntare su di lui acquistandolo a titolo definitivo. In Germania ha giocato poco e i gol all’attivo sono appena due, ovvero la metà di quelli realizzati domenica scorsa contro il Messico in trenta minuti scarsi. Quando indossava la maglia del Cile. La sua seconda pelle? Probabilmente anche la prima. L’unica reale dimensione in cui Vargas riesce a sentirsi davvero grande. In attesa di una nuova chance. Bologna potrebbe essere la piazza del suo riscatto.
Di Fabio Tarantino