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Data: 31/10/2018 -

Il Lebowski e il record di Ferravante, sempre in gol dalla D alla Terza Categoria

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Prendi un consulente finanziario, trasformalo in bomber e guardalo segnare in ogni categoria in cui ha giocato. Piccole realtà, grande cuore. Dalla Serie D alla Terza Categoria, sempre in gol. Cuore viola, una vita per il calcio, quel calcio, e il numero 9 (o il 18) sulla maglia grigionera. E pensare che Simone Ferravante doveva tornare in campo solo alla seconda metà di novembre. “Quando uno c’ha la testa bacata per il calcio…”. Già, perché l’appuntamento per il controllo col chirurgo è ancora fissato per metà novembre ma “speriamo non abbia letto i giornali, hanno dovuto nasconderli!”. In 7 mesi ha recuperato dall’infortunio al crociato, è tornato in campo ed ha segnato il suo primo gol in questo campionato di Promozione. Non sarà valso la vittoria contro il Forcoli Valdera ma l’essere ritornato e l’aver segnato ancora sono già da soli un successo.

Centonovanta centimetri per 94 chili, un colosso. Anche da bambino quando al campo arrivava con il suo metro e 75 e “le altre mamme dicevano ‘ma che t’hanno annaffiato?’ oppure ‘ma mangi la bistecca a colazione?’”. Inconfondibile accento toscano e una risata ad accompagnare i ricordi di ‘Bobo’, come lo chiamavano i primi tempi. A 16 l’Eccellenza a Scandicci e una storica promozione in D, poi un provino con la Sampdoria, 2/3 giorni con la squadra di Pea a Bogliasco, poi il ritorno in Toscana. Da lì il passaggio al Grassina prima dello stop lungo 2 anni. Nessun infortunio, bensì l’università. Dal pallone a Economia Aziendale. Ma il calcio ha chiamato ancora e Simone ha risposto presente: nel 2011 è ripartito dalla terza categoria in una squadra composta dai suoi amici storici. Proprio così, accolti tutti insieme. Il presente poi inizia nel 2016 al Centro Storico Lebowski, come una svolta, “un appiglio” dopo il dolore della scomparsa del padre. E l’unica domanda che Ferravante si è fatto in quel momento è stata: “Perché no?”.

“E da lì si partì insieme”. Ciak, si gira. Questo l’incipit della sua storia col Lebowski, con cui adesso è riuscito a segnare anche in Promozione. Da avversario a parte di questa squadra, come un ritorno al futuro quando Simone giocava nel Bagno a Ripoli – era il 2011 – e proprio al Lebowski segnò un gol incredibile da 30 metri all’attuale preparatore dei portieri della squadra, allora numero uno battuto in quell’occasione. “Su YouTube c’è ancora il video - ha raccontato Ferravante ai microfoni di gianlucadimarzio.com -, già allora alcuni ragazzi si arrampicavano sulle costruzioni vicino allo stadio per filmare la gara. Quando sono arrivato al Lebowski ancora ne parlavano”. E oggi ripensandoci Ferravante ci scherza su così: “Gli dico ‘sì, sarai anche il preparatore dei portieri ma quella castagna mica l’hai presa!’”

Il piccolo, grande Lebowski. Realtà unica in Italia che accoglie in rosa chi gioca solo per pura passione, dal consulente finanziario Ferravante ad un ingegnere, da chi è impegnato con l’università a chi è operaio, uno statistico oppure un aspirante medico. Questo il gruppo del Lebowski. Un calcio autofinanziato, un club senza un presidente: “La proprietà della squadra è di tutti”. O meglio, un presidente c’è, come figura legalmente riconosciuta tale ma non c’è da aspettarsi un facoltoso signore che si aggira per il centro sportivo in giacca e cravatta: “E’ quello che ci porta le maglie e prende la roba sporca”. Un’idea di cinque ragazzi diventata col tempo una famiglia. Passione, tanta. Un nome che arriva direttamente dal cinema e dal capolavoro di Joel Coen; due colori sociali – il grigio e il nero – scelti per le maglie perché erano le tinte che costavano meno.

Nel 2004 era l’AC Lebowski, nato e cresciuto nel quartiere di San Frediano, nel 2010 poi è stato fondato il Centro Storico Lebowski che ora ha trovato anche una casa in Tavarnuzze (provincia di Firenze), dopo anni di ‘nomadismo’. Un calcio vissuto in maniera viscerale, un club che oggi ha una prima squadra, una di amatori, un settore giovanile e una squadra femminile. Quattro anime della realtà Lebowski che si legano a doppio filo con il territorio che diventa casa, con la popolazione che diventa tifoseria. “Per farti capire, c’è un ragazzo che gioca nel settore giovanile: i suoi amici un giorno vanno a vedere lui e poi la domenica vengono a tifare il babbo in prima squadra”.

“Un ambiente che non ho mai trovato nel calcio”, Ferravante non ha dubbi. Società cooperativa dilettantistica per azioni. Tradotto: la prima cooperativa nel mondo del pallone. “Chiunque può farne parte, il calcio è proprietà della comunità in cui risiede”. Confronto, dialogo, integrazione e sviluppo. E una mappa di soci che vede interazione e partecipazione di persone anche dalla Macedonia, dall’India, dall’Australia.

“Pensare che nel 2004 erano una decina di ragazzi, dei sognatori, che avevano sbagliato un’uscita non trovando il campo dove andare a seguire la squadra ed ora siamo così tanti… fa capire cosa sia diventato il Lebowski”. Calcio e vita. Un’entità che vive grazie alla passione di tanti dove il campo e il territorio si fondono. Il risultato? La simbiosi tra tutte le componenti, che sia durante una partita con la curva ‘Moana Pozzi’ o alla sagra del fritto di mare; e i giocatori sono i primi tifosi. “Quando abbiamo festeggiato la promozione, siamo noi che abbiamo invaso la tribuna!”. Ferravante se lo ricorda come fosse ieri, lì insieme agli URL (Ultimi Rimasti Lebowski). Altro tassello di un mosaico atipico.

Soddisfatto ma non appagato. E quando non sarà più in campo? "Sarò da qualche altra parte a supportare questo progetto. Noi siamo di passaggio ma il Lebowski crescerà ancora e continuerà a scrivere altre pagine di questa bella storia".

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