"Una delle poche volte che mi arrabbiai seriamente in campo è stato proprio per difendere Nenè. Nei suoi confronti era cominciata una caccia all'uomo, non ci vidi più dalla rabbia". Basterebbero queste poche parole di Gigi Riva per capire chi era Claudio Olinto De Carvalho, noto a tutti come Nené. Cagliari piange uno degli eroi dello scudetto, brasiliano di nascita, ma sardo d'adozione. Troppo facile ricordare solo il miracolo sportivo del 1970. Nené era allegria, simpatia, voglia di vivere: "Ho un ricordo bellissimo di lui, l'ho frequentato fino a poco tempo fa" - dichiara Riva ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - "Pensa che una delle poche volte che mi sono arrabbiato seriamente in campo è stato proprio per difendere Nené. Nei suoi confronti era cominciata una caccia all'uomo, non ci vidi più dalla rabbia. Volevano fargli male, ma guai a chi ce lo toccava. Ora rimarrà per sempre il ricordo di una persona simpaticissima, buona, leale, pulita. Durante la sua militanza nel Cagliari fu fondamentale anche fuori dal campo. Teneva alto il morale di tutti con la sua solarità. Spesso si inventava ritmi di samba durante i momenti di pausa degli allenamenti o quando eravamo in ritiro. Poi era un grande amico, di quelli veri".
Dodici campionati con la maglia dei sardi, tra il 1964 e il 1976. Umile e sempre gentile con tutti, il centrocampista brasiliano non era uno qualunque. Giocò nel Santos di Pelè, dove vinse due Coppe Libertadores e una Coppa Intercontinentale. A farlo sbarcare in Italia fu la Juventus, nel 1963. Nené contribuì in modo determinante alla conquista dello scudetto 1969-1970, diventando un idolo per la Sardegna, terra che lo aveva adottato e dove aveva deciso di vivere: "In campo era difficile da fermare, quando andava via sulle fasce aveva una progressione che pochi riuscivano a contenere. Era uno che durante la partite dava tutto e non a caso era quasi sempre negli undici iniziali. E' stato fondamentale per lo scudetto. Nello spogliatoio gli volevamo tutti bene. Ogni lunedì andavamo assieme a pranzare in campagna, ci invitavano i contadini. Era l'occasione giusta per stare assieme e conoscerci. Nenè era uno di quelli con cui si poteva scherzare sempre, che trovava il modo giusto per sdrammatizzare e farti ridere".
Appese le scarpette al chiodo, il brasiliano aiutò proprio Gigi Riva nella sua scuola calcio: crescere i giovani era per Nené motivo di orgoglio e di gioia. Con la Fiorentina vinse Campionato e Coppa Italia Primavera e il Torneo di Viareggio: era la stagione 1979-1980. Chiuse la carriera da allenatore nelle Giovanili di Cagliari e Juventus. Poi la malattia gli tolse la possibilità di vivere in prima persona la sua passione più grande, ma non il sorriso. "Purtroppo negli ultimi anni era ridotto veramente male. Era paralizzato, mangiava attraverso un sondino. Riusciva a muovere solo gli occhi, che quando arrivavi erano grandi, spalancati, esprimevano gioia. Ti seguivano tristemente, invece, quando andavi via. A vederlo in quelle condizioni veniva ogni volta un soffio al cuore, si vedeva che non stava bene".
Gli ultimi anni Nené li ha passati ricoverato in una struttura ospedaliera nella provincia di Cagliari, a Capoterra. "Siamo dovuti intervenire, aveva un tutore. Nella separazione con la moglie ci sono state alcune cose che non andavano bene. Allora abbiamo deciso di agire, gli è stata data la parte che gli spettava". Nenè è scomparso, ma attraverso un pallone e i suoi sorrisi ha lasciato in eredità un ricordo immortale e indelebile nelle menti e nei cuori di tutti i tifosi sardi e non solo.