Gradel, King, Cook. Tre a zero contro lo Swansea di Guidolin e terzo successo consecutivo per il Bournemouth. Obiettivo praticamente raggiunto quello della salvezza: la neopromossa, dopo essersi conquistata la terra promessa chiamata Premier League, riesce anche a mantenere la categoria. Centosedici anni dalla fondazione del Boscombe FC, rinominato poi AFC Bournemouth nel corso degli anni. Una lunga storia che ancora oggi continua grazie al contributo (in denaro) dei propri tifosi. Nella stagione 1996/97 era infatti giunto a 2,5 milioni di sterline il debito da pagare da parte dei Cherries in seguito a vari episodi extra-sportivi. Salvare la squadra, a qualsiasi costo, era l’unica cosa da fare.
Così Trevor Watkins, un impiegato nel ramo assicurazioni e tifoso del Bournemouth decide di chiamare a raduno i tifosi e costituire quello che rappresentò il primo supporter trust del calcio britannico. Fu lui stesso a portare i soldi in banca e salvare così la sua squadra del cuore. Il Dean Court, secondo stadio più piccolo della Premier League, ha potuto così fare ancora da cornice ai rossoneri. Colori adottati soltanto a partire dalla stagione 1970-71 quando il manager John Bond optò per una versione simile alla maglia del Milan, squadra di cui era tifoso, aggiungendo le strisce nere alla tenuta completamente rossa. Bancarotta scongiurata, ma i guai finanziari, accompagnati da risultati sportivi non esaltanti, continuavano a tormentare i tifosi del Bournemouth. Fino a quando sulla sponda meridionale dell’Inghilterra arrivò Max Denim, magnate di russo di 45 anni di cui non si sa molto ma che ha avuto il merito di rinvigorire le casse della società e portare, grazie ad un progetto ambizioso, la sua squadra in Premier. Oggi di quei vecchi tormenti è rimasto uno sbiadito ricordo. Il presente dice che il Bournemouth, al primo anno nel calcio che conta, è riuscito a sconfiggere in meno di una settimana il Chelsea ed il Manchester United. Salvezza conquistata e tifosi euforici: ma è solo l’inizio.
A cura di Ubaldo Gulotta