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Data: 05/02/2018 -

Approfondimento infortuni e condizione fisica: la vera integrazione pre-post partita

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La sfortuna con la maggior parte degli infortuni non c’entra nulla. E i crolli fisici dopo 15 minuti dall’inizio del secondo tempo sono dovuti a un'eccessiva fatica accumulata durante i giorni prima della partita. Tradotto, significa che nel nostro calcio ci si allena troppo. Queste tesi, all’apparenza forti (ma in realtà normali), oltre che da preziosi studi scientifici, sono assolutamente suffragate dall’esperienza di alcuni importanti addetti ai lavori. E proprio qui, in esclusiva a GianlucaDiMarzio.com, Francesco Mauri – preparatore atletico dello staff di Carlo Ancelotti – aveva confermato le nostre ricerche: “Considerare come allenamenti efficaci, sessione lunghe e frequenti rappresenta un paradosso. La partita, oltre ad essere l ́evento determinante per il lavoro del calciatore, è anche l ́allenamento più duro e stressante. I due giorni che seguono la partita sono molto delicati e vanno a mio avviso utilizzati per il recupero attivo. Chi ha giocato 90 minuti non è infatti pronto e non ha bisogno di sottoporsi ad allenamenti intensi e stressanti ma deve soltanto ripristinare l ́equilibrio biochimico e strutturale del corpo”. (Per leggere l’intervista completa clicca qui). In particolare la miglior performance, farà strano leggerlo, si ottiene con molte meno ore di allenamento e con una maggiore intensità e qualità. Il tutto seguito e accompagnato da un adeguato recupero. Una condizione praticamente impossibile in un calcio così ricco di impegni e in una cultura dove – sbagliando – si pensa che i risultati si ottengano solo col duro lavoro. E così noi di GianlucaDiMarzio.com abbiamo deciso di andare oltre, facendoci strada nel nostro viaggio grazie al migliore degli alleati: la biologia umana. Non solo, con noi ha deciso di partecipare anche Claudio Tozzi, il più grande esperto di preparazione atletica sulla forza in Italia e autore di BIIOSystem, libro bestseller sull’allenamento, oltre che divulgatore scientifico. Con Tozzi, oltre che di recupero e allenamenti sulla forza, avevamo parlato e scritto di quale fosse la migliore alimentazione per arrivare al meglio alla partita. E di conseguenza per avere una prestazione al top (leggi qui l’approfondimento sull’alimentazione ideale per il calciatore). Ma oggi il discorso si amplia ancora di più. Questione di focus e voglia di cambiare le cose. Per questo abbiamo deciso di parlare di integrazione. Già, all’apparenza potrebbe sembrare un tema superfluo, quasi tabù, ma in realtà fra poco capiremo come sia essenziale per evitare improvvisi crolli nei secondi tempi. Oppure al fine di recuperare meglio dopo un’estenuante giornata di allenamento. O dopo la partita. Ovvio, come più volte raccontato ci dovrà essere sempre di mezzo il fattore essenziale (ma incomprensibilmente sottovalutato) del recupero e del riposo, ma con l’integrazione si potrà rendere ancora di più, evitando così spiacevoli inconvenienti fisici.


Tozzi, cosa vuol dire - per un calciatore – fare integrazione? “Distinguerei subito due tipi di protocolli integrativi: uno è quello specifico per ristabilire dei livelli di nutrimenti base del nel nostro corpo, ovvero quelli essenziali per ogni essere umano. Indipendentemente che faccia sport o meno. Ma quindi di conseguenza indispensabili anche per gli stessi calciatori. Poi, una volta portati ai valori idonei questi livelli basali, aggiungerei la specifica integrazione per lo sport, in questo caso la meglio adatta alle esigenze del giocatore”. Bene Claudio, partiamo dall’integrazione basale: “Senza dubbio partirei dal ristabilire i valori di Vitamina D. Ovvero un gruppo di pro-ormoni liposolubili, costituto da 5 diverse vitamine, le cui due più importanti forme sono la D2 e D3 (colecalciferolo). La fonte principale di Vitamina D è la radiazione solare, ma la nostra limitata esposizione al sole - soprattutto nella stagione invernale – può portare ad una carenza di questa preziosa sostanza. In passato la Vitamina D era conosciuta principalmente per il suo ruolo essenziale nella salute delle ossa e nella regolazione del calcio. In realtà si è arrivati a comprendere come sia costituente basilare di parecchie funzioni fisiologiche dell’organismo. Ma soprattutto c’è un legame forte e scientificamente dimostrato tra i livelli di vitamina D nel sangue e le prestazioni dei calciatori professionisti". Quali? "Una carenza di vitamina D fa rima con performance ridotte e soprattutto maggior rischio di infortuni. Questo perché buoni livelli di questo ormone si traducono in un miglior assorbimento del calcio a livello osseo e muscolare, con risultati evidenti sulla coordinazione motoria e muscolare. Sulla forza e la capacità di recupero". Non solo, importante è sottolineare come nei vari mesi dell’anno ci sia un andamento variabile e marcato dei livelli di vitamina D nel sangue dei calciatori (in particolare d’inverno, quando l’esposizione al sole diminuisce): "I valori minimi scendono tra gennaio e febbraio. A certificarlo è un recente studio pubblicato sulla rivista Chronobiology International condotto da ricercatori dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, che ha focalizzato le attenzioni su un campione di 167 calciatori del Bari, Lanciano e Pescara, sottoposti a vari prelievi sanguigni nell’arco degli anni 2013 e 2014. E nonostante i partecipanti dello studio fossero giovani sportivi sani, il dato ha evidenziato che 55 dei 167 calciatori presi in esame – il 32,9% – presentava carenze lievi di vitamina D almeno in una fase dell’anno, mentre 15 di essi – il 9% – mostrava un deficit più marcato di questo ormone. In pratica un calciatore su tre ne è carente. Ha importanza sul muscolo, sia sulla forza che la potenza. Ci sono dei lavori che la correlano al consumo massimo di ossigeno, il V02MAX, la capacità aerobica massima del muscolo, ovvero il massimo volume di ossigeno consumato per minuto. E’ molto importante nel sistema immunitario. È utilizzata nell’approccio delle malattie autoimmuni tiroidee e, addirittura, per bloccare la sclerosi multipla. Sembra in grado di diminuire le infezioni delle alte vie respiratorie nei maratoneti per esempio. In particolare, se la vitamina d va sotto i 30, l’obiettivo è portarla attorno ai 70-80, soprattutto negli sportivi". (leggi qui il nostro articolo completo sull’importanza della Vitamina D, grazie al contributo di Claudio Tozzi e del dottor Fabrizio Angelini)”.

E oltre alla Vitamina D? “Per quanto riguarda l’integrazione basale, al calciatore – come del resto ad ogni uomo – darei gli Omega 3, ovvero acidi grassi essenziali che non possono essere sintetizzati dall’organismo e, per questo motivo, si devono ottenere dagli alimenti, ma come sappiamo l’alimentazione di oggi non è poi così efficace in quanto seguita in maniera troppo superficiale. Partite e incessanti allenamenti espongono il giocatore a continue infiammazioni, senza contare i continui chilometri macinati, i quali logorano brutalmente le articolazioni, causando gli infortuni. Bene, diversi studi hanno dimostrato come un’assunzione regolare di EPA e DHA possa mantenere controllata l’infiammazione originata dall’attività sportiva. Poi integrerei la Vitamina B12, essenziale per la formazione di globuli rossi e per la buona salute del sistema nervoso. Da non dimenticare poi gli alcalinizzanti, obbligatori per ristabilire l’equilibrio acido-base che purtroppo è messo in pericolo dalle diete ricche di zuccheri e farine. Tra l’altro quelle tipiche del nostro territorio e di gran moda anche nello sport (leggi qui invece quale sia l’alimentazione perfetta per il calciatore, e non solo).



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Tags: Serie A



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