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Data: 07/11/2018 -

La via dell’eterno ricordo, nel suo Nervión: cosa resterà, per sempre, di Antonio Puerta

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La via intitolatagli nel quartiere in cui è cresciuto, a due passi dallo stadio che lo ha visto protagonista per troppo poco tempo; la casa dei genitori di fronte ad un bar/peña sevillista che ne conserva maglia autografata, foto e ricordi. Il Milan e la città di Siviglia si incrociano nuovamente: e anche se i rossoneri affronteranno il Betis, il ricordo e il legame con quella Supercoppa nel 2007 resta nitido e forte. Al pari di chi vive ancora nel cuore di tutti...
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La via intitolatagli nel quartiere in cui è cresciuto, a due passi dallo stadio che lo ha visto protagonista per troppo poco tempo; la casa dei genitori di fronte ad un bar/peña sevillista che ne conserva maglia autografata, foto e ricordi. Il Milan e la città di Siviglia si incrociano nuovamente: e anche se i rossoneri affronteranno il Betis, il ricordo e il legame con quella Supercoppa nel 2007 resta nitido e forte. Al pari di chi vive ancora nel cuore di tutti...

Vivere ancora in un ricordo, in una maglia, in scatti fotografici: da qualche anno a questa parte, anche in una piccola via intitolatagli nel pieno ventricolo di un cuore-quartiere in cui è nato e cresciuto, Nervion. Antonio Puerta se n’è andato ormai più di 11 anni fa, in quel tragico 28 agosto 2007, stroncato a soli 23 anni dalle conseguenze di un arresto cardiaco letale e capace di mettere fine, inesorabilmente, a una carriera tanto promettente quanto fragile nel centro di pulsione della propria passione sevillista.

Parlare di lui, quando le strade della città di Siviglia e del Milan si incontrano, è inevitabile. Anche quando i rossoneri si apprestano ad affrontare il Betis, vivendo da vicino l’altra faccia di una rivalità cittadina fortissima, che di fronte alla morte non ha saputo far altro che unirsi: preghiere svanite nelle lacrime, quando il cuore di Antonio cedette ad un destino infame, unione al di là dei colori per piangere la scomparsa di un talento strappato davvero troppo presto al calcio mondiale.

La Supercoppa Europea di Montecarlo, quattro giorni dopo la scomparsa, come 90’ di abbraccio collettivo, con il suo nome stampato sul fondo del retro delle maglie di ambo le squadre: il trofeo finì nelle mani del Milan ma vinsero tutti, in quella surreale serata al Louis II, che ancora oggi resta manifesto di un messaggio di affetto e solidarietà splendido. Nunca se rinde, il Siviglia: tradotto, non si arrende mai. E neanche allora volle farlo, di fronte a qualcosa di troppo grande come la morte e scendendo in campo per omaggiare chi negli anni a venire, nella convinzione di tutti, sarebbe diventato il suo Capitano.

Quello che aveva rifiutato il Real Madrid, a costo di vestire biancorosso: quello che nel quartiere di Nervion, esattamente di fronte al covo della Peña Sevillista Al Relente e a soli 200 metri dello stadio, vede le radici della propria famiglia ancora pienamente affondate nel terreno andaluso, all'angolo...proprio con calle Antonio Puerta. Un modesto appartamento al primo piano che sembra guardare, come in una passione infinita, quel locale in cui i ricordi di Antonio restano appesi ad una parete: una maglia con autografo, collage di foto e il testo (dall’autore ignoto) di un racconto immaginario, splendido, che vede Puerta dialogare con il nonno Antonio (ormai deceduto) aleggiando sopra il terzo anello dello stadio “Ramon Sanchez Pizjuan”.

Tra l’umidità del terzo anello del Sanchez Pizjuan…dal cielo…è arrivata davanti ai miei occhi una conversazione meravigliosa. Tante volte l’immaginazione mi ha ingannato, ma…giuro di aver sentito un nonno dire:


- “Cosa fai qui, già così presto?”


- “Hai visto, nonno? Mi hai visto conquistare il mio sogno? Conquistare la gloria? Hai visto come tutti i gol che ho segnato fossero dedicati a te?” racconta il nipote, ansiosamente, nel corso dell’incontro.


- “Sì, sì: certo che li ho visti. Però…perchè sei venuto qui con me così presto?” risponde il nonno.


- “Il mio cuore non vedeva l’ora di raccontartelo di persona. Non ti preoccupare…tornerò per far sì che tu mi possa vedere ancora trionfare”.


- “Ma…questo non è possibile. La PUERTA del cielo si apre solo per lasciare entrare. Cos’hai fatto, Antonio? Cos’hai fatto?” conclude il nonno.


Ascoltavo tutto ciò e gridavo, come se mi potessero sentire: “No, Antonio, no! Tuo nipote può tornare sì ad aprire questa porta: dagli un pallone e vedrai come con il suo mancino non ci saranno porte in grado di resistere….Don Antonio, dagli un pallone perchè da lassù continui a deliziarci con la sua falcata, perchè corra sulla fascia sinistra del cielo diretto verso il Pizjuan!”.


“Don Antonio! Dì a tuo nipote che è immortale, che la sua gloria è eterna, e…per favore, don Antonio, portalo sempre con te, in ogni partita al Sanchez Pizjuan. Lì ci incontreremo tutti”.


Di Antonio Puerta resta, insomma, anche questo. Ricordi, maglie, immagini, una via intitolata a due passi dallo stadio in cui sognava di raggiungere traguardi ancor più grandi. Ma anche la sua compagna e Aitor Antonio, figlio nato due mesi dopo la sua scomparsa, insieme ai suoi genitori: che ogni giorno, tirando le tende e lottando contro un destino ingiusto, vedono quella targhetta di ceramica portare il nome del proprio figlio. Arteria di una città e di un quartiere, Nervion, in cui il nome di Puerta vive sempre e costantemente nel concetto di eterno sevillismo.


IL VIDEO:


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