È lo strano caso della partita dell’Ahmad Ali bin Stadium, in cui i minuti più importanti sono i tre prima di iniziare e gli undici dopo il novantesimo. Il resto della sfida tra Galles e Iran dice poco, oltre a consegnare una vittoria storica alla squadra di Queiroz.
È una sfida in cui la politica entra a piedi pari, giocata nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Contro l’Inghilterra i calciatori dell’Iran non avevano cantato l’inno in segno di protesta, oggi invece lo hanno fatto, stretti, uniti, da squadra. Non solo. Anche i tifosi infatti si sono schierati contro gli Ayatollah, prima fischiando la scelta dei propri giocatori di cantare un inno che inneggia alla dittatura, poi mostrando striscioni e magliette con lo slogan “Donne, vita, libertà”. In particolare una tifosa, che indossava una maglietta con su scritto il nome di Mahsa Amini, ragazza morta dopo essere stata arrestata dalla polizia iraniana perché non portava il velo. Pare che sugli spalti sia stata avvicinata dalla sicurezza che avrebbe provato a strappargliela o addirittura a farla allontanare dallo stadio. Ennesima pagina nera di un Mondiale in cui le questioni politiche, relative ai diritti umani stanno acquisendo un ruolo sempre più centrale.
Poi viene il pallone. Che inizia a rotolare e attira su di se gli occhi del mondo. La partita non è spettacolare e anche se l’Iran crea il risultato resta in parità fino al novantesimo. Da lì in poi inizia un’altra gara che finisce dritta nella storia di un paese. Lo si leggeva negli occhi dei giocatori mentre – a denti stretti – cantavano l’inno e lo si è visto al fischio finale quando in pochi sono riusciti a trattenere le lacrime. Anche se nulla è ancora deciso. Il passaggio del turno dell’Iran potrebbe passare dalla sfida contro gli Stati Uniti, il Grande Satana per l’Iran. Altro capitolo di un’altra lunga storia.
Il protagonista in copertina è Carlos Queiroz, allenatore giramondo, al terzo mondiale consecutivo con l’Iran. È stato lì dal 2011 al 2019, per poi tornarci nel 2022. In mezzo due esperienze con le nazionali di Colombia ed Egitto. Carlos in carriera ha girato tanto, dal Real di Figo e Ronaldo il fenomeno, allenato nel 2004, al Portogallo dell’altro Ronaldo, Cristiano, con cui però non è mai scattata la scintilla. In Iran invece ha trovato la sua isola felice: vince, convince e ora può puntare un traguardo storico, il passaggio agli ottavi. Le speranze di un paese ruotano tutte intorno a lui.
C’è però un momento da fotografare per rendere al meglio la dimensione del successo dell’Iran. Un’instantanea nascosta, velata, diversa dalle lacrime dei tifosi a inizio partita o da quelle dei giocatori al fischio finale. C’è Azmoun seduto in panchina che, non appena Rezaeian infila il gol partita, si alza di scatto e mette le mani sulle guance di Queiroz come a dire “è merito tuo”. E lo fa con due occhi felici che dicono solamente grazie. Sardar Azmoun è la stella dell’attacco iraniano, ma la scena oggi se la sono presa Cheshmi e Rezaeian, eroi nazionali a sorpresa. Il primo è un difensore centrale che fino all’anno scorso giocava proprio in Qatar, nell’Umm-Salal, e che oggi proprio lì è diventato il personaggio principale della storia con una perla da fuori area che si è insaccata all’angolino. Intrecci del destino. E chissà ora a Teheran come sarà festeggiare una squadra di dissidenti del regime. Storie di calcio ma mai solo di calcio. In questo caso è una questione di vita vera, lotte e lacrime che sanno di battaglie. Questi ragazzi scendono in campo per un popolo intero. E lo sanno. Per loro andare avanti in questo Mondiale conta di più.
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